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CONTATTI

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Le poesie di Pippo Nasca

 

La copertina del libro

"QUANDO L'ALBA DEL TRAMONTO INCOMBE"

Il libro  è esaurito ed è difficilmente reperibile

*************

 

 

 

Non dirmi.....                       

 

  Non dirmi alcuna cosa

ch'é bello non sia detta

nel sogno d'una fiaba.

Io contemplar non voglio

voce che sorge vana

in questa arcana scena

dove il silenzio grida

e l'anima si accende.

Quanto non dici sento

e questa voce annulla

il brulichio del mondo,

sciogliendosi nel sogno

d'un semplice sorriso.

Ciò che non dici ascolto

e l'ascoltar mi dona

il senso d'una vita

e d'un destino nuovo

che solamente agogno.

Mi basta l'indugiare

negli occhi tuoi sereni,

frugare l'ombra dolce

del viso che si accende,

sentir la sola cosa

che tace la tua bocca,

l'anelito vibrante

del cuor che grida forte

l'amore che non dici.

L'acuto mormorare

d'un sogno incofessato

avrà la forza infine

d'avermi conquistato.

 

 

 

 

           Ambigui sogni                      

 

  Ambigui sogni della mente avulsa,

che l'ombra intaglia nella notte informe

e l'onda copre di spumoso oblio,

forse sopito in petto più non tace

l'ardore pago di passati esordi.

Ora tornate scandalosi e forti

a ricolmar di grida invereconde

la mente stanca e riscoprite soglie

d'immacolate cime mai raggiunte.

Nel turbinar dell'anima non doma,

perenne il fango, tutt'intorno sparso

d'immote forze che spezzò l'azione,

riemerge e sprona a conquistare mete:

non più spezzati simulacri all'erta,

non più chiarori contro luce esposti,

né sogni vani di diversa vita,

ma dolce gioia degli affetti avuti,

certezza calma di raggiunti scopi

ed il tacer delle passioni ingorde.

 

  

 

         L'ultimo colpo                   

 

  L'ultimo colpo

d'accetta

é stato vibrato:

il tronco é caduto

sul grigio selciato.

 

 

  L'ultimo sogno

é svanito:

del magico incanto

sull'orrida scena

non resta che pianto.

 

 

 

 

      Con te sull'orlo del mare              

 

   Con te, vestita di niente,

 

nel niente del mare sereno,

nel niente del cielo infinito,

tra i sassi salmastri,

nella terra riarsa dal sole,

nel niente dell'anima avulsa,

suadente, felice di baci infuocati,

sprofondo nel nulla,

nel nulla confuso

di gioie serene,

di pace soave,

d'amore fremente,

di grida sensuali.

 

 Sull'ali del vento,

 

che freme e singhiozza

nel mare d'azzurro

e spigola sul corpo tuo nudo

io col pensier dipingo

fantasmi d'amore,

incendi irreali

di ludica fiamma,

fatti di niente e nel niente annegati.

  

  Sull'orlo del mare,

nel mare mi annullo,

con te mi confondo

nel cielo dorato

in un sogno sperduto,

tra baci, carezze,

parole insensate,

che sempre saranno

e non sanno di niente.

 

  

 

    Ombra non so più bella                

  

  Ombra non so più bella

di quella del tuo corpo che si staglia

nella vaga penombra della sera.

Che il seno oscilli nudo

ed un sorriso infiori

le turgide tue labbra ed i capelli

indorino le spalle di fantasmi

o castigata veste

fasci le membra ardenti

e freddo il guardo specchi la sopita

fiamma del cuor che grida,

nell'argenteo chiaror delle parete

splende l'amato spettro

grondante di memoria

e s'accende la mente ch'era spenta.

Ma d'improvviso la tua assenza incombe

nell'immoto silenzio della stanza

ed il pensiero crolla

nell'abissale mondo del non più

mentre fantasmi nuovi

s'affollano sul palco del non sogno

e tingono di fosco le pareti,

l'ombrata cancellando

immagine d'amore

del tuo formoso corpo che scompare.

 

 

 

 

           Incontro                              

 

   Un accennato sguardo,

velato di sorriso,

uno sfiorar di mani,

la lingua che balbetta

farfugli di parole,

silenzio trepidante

e l'affiorar del tempo

sul corpo ancora bello.

Non più d'azzurro terso

son gli occhi tuoi dipinti,

né d'oro i tuoi capelli

rifulgono nel sole;

il tempo ti solcò

nel viso d'alabastro

qualcosa che non so.

Ma l'ombra ormai scompare

che risplendé per via

accesa d'ogni parte

nel suo chiaror d'allora.

La mente più non tace

la storia che passò,

ma subito s'annulla

nel buio della sera

il tuffo nel passato

che più non tornerà.

 

 

        Vita nuova                            

 

 

  Da ciò che ti circonda

se tu sfuggir vorrai

lasciandoti alle spalle

le nubi del passato,

destini non previsti

s'incroceranno certo

nel nuovo cielo terso.

Come gabbiani al vento

sparir vedrai nel niente

i mostri spaventosi

 

d'un mondo ch'é finito.

Disegni sorgeranno

di cose mai sognate,

fantastiche sorprese

d'un mondo mai veduto.

Intorno alla memoria

non più lacci di strazio

che spezzerai con forza,

mostrando a gente nuova

le mani già protese,

non più spossate forze

abbandonate al tempo

che sfavillò d'oblio,

non più rugosi accenti

nell'animo piagato,

ma d'incipienti storie

un turbinio novello

che ridaranno al sole

l'usato suo splendore.

Un nuovo amore allora

risorgerà dal niente

e torneranno in cielo

fantastici e festosi

i voli dei gabbiani. 

 

 

              Ricordo                             

 

  Dalla miseria della lontananza

all'altezza t'innalzai delle stelle

cingendo la memoria dei ricordi

che tu rendevi favolosi e dolci

negli attimi fugaci d''un incontro.

La luce mi bastava del tuo sguardo

od il furtivo accarezzarti il seno

nell'intimo contatto d'un abbraccio,

un semplice sorriso, una parola,

un accennato bacio, un soffio, un nulla

tra le mille parole vagabonde

che ti dicevo, forse solamente

nel tremulo sciamare della mente.

Laddove ti baciai la prima volta

tornavo tutti i giorni pellegrino

e nemmeno sognavo né pensavo,

perché nell'eco del ritmo sospeso

d'un tempo senza fine ti vedevo

ed ero pago del vibrante ardore

che m'infondeva il solo tuo ricordo.

Lungo quel viale,(chissà se lo ricordi?)

quello dei sempre-verdi della villa,

mentre sentivo un cinguettar d'uccelli

ed annotavo sopra un foglio versi

che mai ti lessi d'amorosi detti,

l'immensa altezza misuravo immoto

di te lontana nell'olimpo assisa

dall'aberrata mente ov'io ti posi.

Forse sofferto il mio pensier volava

tra nubi spesse d'imperfetto amore

ed io godevo della lontananza

nel riflesso d'altezze e di silenzi,

dove restavo solo e pur felice.

Cessò l'incanto un giorno senza fine,

ma non cessò l'amore e la passione.

Gridava la mia mente ed il mio corpo,

bruciavo di dolore e di rimpianto.

Non ti nascondo, piansi amaramente

più d'una volta là, lungo quel viale.

Osai cercarti invano nei miei sogni,

ma l'eco rispondeva del tuo pianto

che m'implorava di lasciarti stare

e l'echeggiare non cessò nemmeno,

quando tu, forse, ritornasti indietro.

Tutto quanto ho sognato e non sognato,

tutto quanto ho sofferto e non sofferto,

tutto quanto ho sperato con terrore

ad intervalli di dimenticare,

tutto quanto non detto e custodito

nel profondo del cuore ormai sopito,

nessun'eco avrà d'altre canzoni.

 

 

         Il contemplar fugace....               

 

Il contemplar fugace

la morbidezza anonima, che sorge

nell'echeggiante mondo ormai confuso

della memoria obesa di ricordi,

ridesta antichi sogni

che si direbbe morti o mai vissuti.

La musica risorge dall'oblio

e trilli nell'azzurro

risuonano festosi, un poco stinti

dall'ombra crespa che segnò la vita.

Allora l'indugiar pacatamente

sull'onda dei ricordi,

rigagnoli ricrea

di silenzioso ardore e gli occhi miei

s'accendono di luce

perché la mente tesse nuove tele

con l'ago del passato

e la speranza affiora prepotente

d'ormai passate voglie

nel placido tacere delle labbra.

Di redimite immagini risplende

il vivido frugare nella mente

e Tu risorgi inquieta

sull'intricata storia d'una volta,

che fiamma spense di calore immenso.

Forse del vano contemplar non resta

che l'improvviso riecheggiar di Te

nell'accorata folla dei ricordi,

ma tanto basta per ridare forza

alla mia mente stanca,

che d'esitar non tace

sull'orlo del delirio

e fabbrica castelli incontrastati

sull'alto piedistallo delle nubi

scrivendo versi inutili, ma cari.

 

 

 

       L'ultimo canto del rigogolo     

 

 

   Lungo le sponde di vermeti intrise

del fiume acceso di scroscianti suoni

volò d'un tratto nel festoso cielo

il canto del rigogolo sognante.

La melodia del canto sovrastava

il gracidar penoso della rana,

di verzicanti foglie ricoperta

nell'ibrido grommar della corrente.

Lungo la riva, il nido pose quando

d'april festoso rinverdir le fronde.

Ora volteggia e canta sulle sponde,

che già la prole schiuse alla natura,

e l'inno scioglie fervido d'amore

tra le niellate gemme delle piante.

Ma repentino il ribombar d'un colpo

spenge quel canto e tutto intorno tace.

 

 

 

 

         La fine del sogno                     

 

 

  Come l'uccello dal sereno canto,

ora balzando tra cespugli verdi

nel rifiorir della natura aulente,

lasciò la mente il risaputo mondo

e sulla rotta di novelli lidi

volò felice nell'azzurro cielo.

A grandi cose espose la memoria

di già passati eventi e più non tacque

l'obliterato mondo del dolore,

sciogliendo al sole un inno di speranza.

Trilli d'argento e d'oro, note soavi,

scene indistinte di future gioie

rifulsero nel cielo con ardore,

il famelico grido cancellando

di belve sempre pronte ad azzannare

nell'intrigata selva della vita.

Non più nel fango il gracidar penoso

delle rane, né più tra spine il turpe

frusciare di serpenti velenosi,

né di gerridi il pullulare osceno,

non più mani ferite nell'ascesa

di vette sempre più scoscese e dure,

non più del pianto il disgustoso senso.

Ma nello stato di raggiunta pace

un improvviso lampeggiar nel cielo

la luce spense e tacitò per sempre

quel melodioso canto della mente.

 

 

 

 

       Prigioniera del cielo                 

 

  A Te, Rebecca, ciao

o forse meglio addio!

Sul petto lessi il nome,

negli occhi azzurri il cielo

e sulle labbra accenti

sconosciuti e nuovi.

Con Te, che m' ignoravi

e che m'ignori certo,

a cavalcar le nubi,

disperse nell'immenso,

la mente mi portò

ed il rombar del moto

trasfuse in un crogiuolo

il balbettar del cuore

con quello della voce.

D'un angelo al cospetto

mi parve di restare

forse assemblando insieme

l'azzurro di quegli occhi

con le stupende vie

che giornalmente solchi

e comparando inconscio

le semoventi nubi

a quel silenzio immane

del mondo ch'é lontano.

Ma sulla fronte i solchi

di pene non sopite

o di novelli crucci

ancora da venire

sul limitar del tempo

che orribilmente incombe,

dischiusero la mente

ad un ripensamento

ed allor non più d'angelo

il sembiante mi rifulse

agli occhi, ma d'uccello

che cinguettando allegro

ad altro volge il cuore,

lontano sulla terra

laddove forse un nido

il sospirato attende

ritorno di colei

che tra le nubi vola.

Da un alba all'altra corri,

novella aurora, al carro

in cima del solerte

e rilucente sole,

ma teco porti ascoso

il tuo destino, scevro

delle ricchezze immense

del mitico padrone,

ed il tuo trionfo sale

perché circonda il viso

la nostalgia del mondo

ed il velato azzurro

degli occhi sorridenti

rivelano l'amore

che nutri nel tuo seno.

Se un dì ritornerò

con Te nel cielo in volo

parlar di Te vorrò,

scoprire nella voce

il mondo che Tu vivi

nel tuo paese in terra

e d'Icaro bandire

la millantata impresa

per ascoltare infine

non mondi fantasiosi

nell'infinito immersi,

ma semplici parole

seppur capite a stento

d'un cuore palpitante,

che vita vive in cielo

assurda prigioniera

in cella senza sbarre.

 

   Sulle rovine del castello  Eurialo di Siracusa       

 

Il tempo ingiuria aggiunse

al martellar frenetico del ferro

ed or laddove di memorie intonso

s'ergeva il mesopergo

il rovo alberga verzicando rude

le modellate pietre.

Né più la mole riguardante il piano

il sommo acceca limitar del colle

nel brulicar di nubi passeggere,

né sulla corte coronata attorno

d'asserragliate porte

il sole accende il basolato glabro.

Non più d'armati o ruvide donzelle

ad opre intente di rimosse pietre,

non più di fabbri assorti

nel laborioso speco, il trafficare

intenso spezza arcano

il rigido scomparto del maniero.

Laddove mura si levaro in alto

la selva regna distruttrice e viva

che tutto immerse nell'oblio profondo

orme stampando nuove

di sopraggiunte belve

mentre nel cielo il volo

cupo si leva di gracchianti corvi.

Lubrico il cielo incombe

sulle gramaglie traforate solo

da luce frastagliata nella rocca

che un dì superba eccelse.

Cinta di serti e fiori

cupa s'aggira tra le morte pietre

la cancellata speme

di rifiorenti fasti, ma ricordo

all'occhio balza di passata gloria.

Su queste mura pianse il fiero duce

che schiava a Roma rese la città,

mentre Archimede ai Lari s'immolava

e su quell'ara l'orrida cadeva

caligine del tempo.

Solo il fantasma di ricordi frali

e lo strisciar di serpi tra le pietre

ormai non regna dove

d'eterno e forte il suol si cinse un tempo

e l'amarezza resta dell'inconscio

che nel presente trova ogni cagione.

 

 

 

      La ballata del morente

 

 Ora planando con ali tremule

 

scorre la vita sull'onda torbida

e gli anni scialbi dal grido aspersi

del mal che mina l'affranto cuore

rode con forza la trista ruggine

che pur spezzando ferrate gretole

sentieri scopre di lividure

rese dal tempo sempre più cupe.

All'orizzonte ciarpame inutile

che si confonde nel ciel cinereo

con il morire d'un altro giorno

e gli sciacalli ruzzanti intorno

nell'avvilente languor dell'anima

che l'aria morde piagata d'orrido

senza lo spettro d'un raggio pieno

che del deserto rischiari il seno.

Nudo fantasma di nera rondine

mostra la morte dal volto squallido

con l'ala immersa nel lento gorgo

senza speranza di risalita.

Questa del mondo scioccante immagine

scorre silente lungo quell'argine

che vita pone  sull'orlo estremo

dell'uom che crolla sotto la sferza

allucinante d'avverso turbine.

Allor che speme, sempre più scettica,

spegne la vita mentre l'annega

nel grigio fumo dell'incertezza,

all'orizzonte nessuna fiaccola,

nessuna stella che guidi fervida

l'anima oppressa del sofferente,

ma solo ghiaccio, ghiaccio di morte.

 

 

          Il passator solingo                                         

 

   Nuove farfalle svetteranno in cielo,

i ragni tesseranno nuove tele,

sul muro adorno di cedracca ancora

lucertole impazzite guizzeranno

e scriccioli festosi danzeranno

sui grappoli d'aglianico maturi,

senza più l'ombra di passate ubbie

sepolte e cancellate dalla luce

comparsa nuovamente all'orizzonte.

E l'onde lambiranno spumeggiando

gli scogli neri ed altri scogli neri

sorgeranno dal centro della terra

a contrastare il mare senza pace,

mentre del vento l'ulular festoso

in ciel salendo canta come sempre

l'inno del mondo che d'eterno vive.

Risplenderà nel divenire certo

della natura ricorrente e viva

l'immagine fiorente della vita

e della morte che l'eterna spola

intesserà di mesi giorni ed ore.

   Ma sulla scena nuova e sempre antica

del mondo che sfavilla senza posa,

non più lo sguardo poseranno intenti

le mie pupille nella terra immerse,

ché morte senza scampo avrà ghermito

le spoglie del mio corpo solamente.

Io son del mondo il passator solingo,

chiamato solamente ad ammirare

il divenir della natura aprica.

A me concesse il fato o forse Dio

il semplice godere poco tempo

dell'eterno convivio della vita

e poi morire ed anonimo restare

sotto le vive zolle della terra

sperando solo che quell'altra vita,

di cui si dice, esista veramente.

Per questo ho sempre fame d'infinito,

di vivere d'intenso e mai restare

inerte innanzi alla natura in festa,

finché d'usare  mi sarà concesso

dal cuore traballante e stanco

questo mio corpo e questi sensi vivi.

 

 

       La ballata dell'infarto      

 

   All'infinito cosmico del cielo,

nella speranza che qualcun li legga,

io questi versi sciolgo

per suscitare almeno dei ricordi

quando travolto dal silenzio ormai,

che per infarto par che giungerà,

annegherò per sempre nell'oblio.

   Sul letto immoto pianto

non vide il ciglio rassegnato a tanto

mentre del cuore lo scomposto passo

l'ore segnava incerte del momento

al suon del rantolare

sul lettino accanto.

Le scene vagabonde

della trascorsa vita

passavano davanti agli occhi miei

e nel silenzio almanaccando andavo

i giorni lieti e le passate trame

o le mancate gioie ed i trastulli

che tralasciar solevo

o l'ombre evanescenti

di chi perduti avevo

lungo la strada del mio breve andare.

La nostalgia mi vinse

a tratti nel pensare ed accecommi

ogni speranza quando

sull'orlo d'un burrone mi sembrò

guardar me stesso inerte

nel fondo della cala.

Da quel torpor mi scosse d'improvviso

l'alto trambusto che dal letto accanto

levavasi nel cielo della stanza.

Dopo il silenzio che regnò più tardi,

forier del canto muto della morte,

la volontà mi nacque della vita.

Dal ciglio del burrone mi distolsi,

chiesi dell'acqua, il polso mi tastai

e del sudor la fronte m'asciugai.

Come d'incanto s'abbassò la febbre

ed il dolor infin cessò nel petto.

Un raggio vidi di serena luce

attraversar la stanza e fu la vita!

 

   Ma quale vita o Dio!

Che per restare vivo,

d'allor da morto vivo

tra nuvole di coccio,

almanaccando stracci di pensiero

tra scheletri di sogni

e musiche di pietre

sull'orlo del deserto

che mi si para innanzi

mentre la mummia di me stesso vaga

sullo stagnante specchio del futuro,

che sol pensier pensati riflettendo

nulla mi mostra di futuro e bello.

 

   Anche se vita mi concesse Dio,

segnò quel giorno il punto

del non ritorno al vivere di prima,

quando timor non v'era

che si rompesse il cuore

alla calura estiva del meriggio

od allo sforzo d'una breve corsa.

Il limite segnò quel giorno ancora

di cose non ammesse eppur comuni

e passan l'ore inerti ma sfuggenti

come l'acqua che scorre nel torrente

con la speranza vana d'arrestarla

e dove fan da diga

le pillole a pezzetti tranguggiate

mentre il timore non sopito incombe

d'un improvviso crollo.

Ed é così che vivo

leggendo cardiogrammi,

analisi del sangue

e solite ricette,

nel controllo costante degli impulsi

del cuor che traballante l'ore segna

d'un tempo assurdo, dove libertà

di limiti s'appanna

e l'attivismo langue.

 

   Or sulle pietre aguzze

dell'ispida montagna

non più chiodate scarpe al pié serrate

calcan licheni, né la vista gode

del rifiorir festoso di ginestre

e tra le foglie funghi a gruppo ascosi,

poiché non lece lo scalar montagne

a chi del cuor a stento il passo arranca.

Né tanto lece sulla barca stare

a manovrar coi remi sugli scalmi

e ritirar le reti già calate,

né rovistar la terra con la zappa

e sciorinare al sole le radici

d'erbacce e di gramigna.

A Lui soltanto lece passeggiare

nel breve spazio d'un vialetto o piazza

e scrivere seduto a tavolino

inutili pensieri e versi amari

su quel che lece o meno per campare

e nell'affido in fin di ... "Dimaiuta",

che almen lo sguardo molce

e la speranza infonde della vita.

 

 

 

 

 

      Dietro fantasmi nuovi

 

   Nel pianto d'una sera

o forse nel sorriso d'un mattino

moristi a nuova vita,

nell'onda avvolta di sperduti sogni

dietro fantasmi nuovi

ed or nel limbo del presente informe

girovaga tu resti

in un destino amorfo

confusa tra la folla che t'ignora.

Fu quel disio di nuovo,

dai luccicanti estremi,

che ridere ti fece del passato

tuffandoti nel grembo dell'ignoto.

Nulla rimane di quel punto estremo

che luccicando si ripete ancora

qual delirante sogno

che diventò bisogno

nel giro vorticoso del pensiero.

Solo fantasmi riserbò quel gesto

e desolate strade da seguire

nel breve lampeggiar di fioca luce,

mentre nell'aria crebbe solamente

il brivido di morte.

 

 

 

 

           Rimpianto vano

 

     Nell'abbandono ascoso del passato

 

che ritmando il tempo ormai lo scema,

inquieto sorge spazio di silenzio,

che le ragioni vive del presente

ammutolisce e sparge di rimpianti.

Davanti avevo il chiaro della luce

ma nella luce non divenni luce

e sotto il tiglio profumato strinsi

con forza le narici e gli occhi chiusi

per non sentire e non vedere nulla

del gorgogliante sogno della vita

che mi voleva bosco in mezzo al bosco,

fuoco nel fuoco di passioni certe,

erba nell'erba nell'immenso prato,

soldato tra soldati di ventura,

persona tra persone senza volto

nel vortice del tempo..... E fu silenzio!

Silenzio immane di sperduta nube

dietro fantasmi d'inumane vette

nel ciel splendente di colore e vita!

Silenzio di blindate aspirazioni

sotto la sferza del voler tenace

che d'aquila solinga il cuor mi rese

tra stormi allegri d'infiniti uccelli!           

Raggiunsi infine l'agognata cima

o quella che credetti m'appagasse

e sulla roccia assiso fui felice

d'aver mutato vil metallo in oro,

ma sol stormire di perduti eventi

mi fu compagno nel silenzio antico,

ché neve ed anni mi tarparo l'ali

e l'orme m'appariro solamente

da me stampate nel voglioso andare.

Ora nemmeno rimembranza resta

di cose belle non carpite a tempo

e solamente nostalgia perenne

cosparge di colore la corolla

di fiori vaneggiati che non colsi,

mentre un'eternità d'istanti scorre

nel fiume d'ombre di perduti affetti,

che a valle del pensiero si disperde.

 

 

 

 

 

 

    .....A proposito dei miei occhi azzurri

         

   Ora con gli occhi miei

t'abbevero d'azzurro

e forse in cuor tu senti

novella sensazione

di cose deliziose,

che l'anima t'accende

ed il pensier ricicla

nel sogno d'una favola.

L'ombra del cigno forse,

che fu di Leda amante,

in essi trovi impressa,

quale mostrossi il Nume

nel lago che d'alcova

all'amoroso amplesso

servì d'etereo sfondo,

o scivolar vi scorgi

tra rivoli di fuoco

del tramontar che preme

l'immagine sbiadita

d'un già trascorso amore

e nuoti e sogni o plani

con l'ali dell'ignoto

in questo nuovo mare

foriero di bontà.

Ma misto a quest'azzurro,

se guardi più da presso,

tu scorgerai di certo

nel più profondo sito

dell'iride cangiante

la sagoma abbozzata

del vaso di Pandora.

Allor sfuggir vorrai

la vista che t'alletta

per tema di scoprirlo

e non guardar così

ferite ancora aperte

o l'orrido aleggiare

di mitici fantasmi

nell'aria che imbrunisce.

Così dagli occhi miei

non più fiotti d'azzurro

sgorgare tu vedrai,

ma solamente il freddo

di storie già sepolte

nel limbo indefinito,

dove il silenzio regna

del tempo che trascorse

e nulla più commuove.

 

       

        Un sorriso                  

 

   Nel mio tramonto

l'alba m'apparve

del tuo sorriso

e fui felice

solo quel tanto

che la speranza

me lo permise.

 

 

 

 

           Gocce di ricordi        

 

  Gocce di mare asperse

come remote stelle

sul nudo seno colsi

e con le labbra tumide

nel ciel le pinsi ognuna

dell'intima memoria

mentre violento il sole

il corpo ti scolpiva

e sussurrava l'onda

il canto dell'oblio.

Lo scivolar del tempo

il luccicar non spense

di quelle gocce al sole

ed il sapor di sale

di quei furtivi baci

ancor sul labbro giace.

Anche se ruga nuova

ormai s'aggiunge in viso

a quelle che negli anni

ti resero più donna,

io ti rivedo ancora

grondante di passione

e di color dipingo

i tuoi capelli grigi

mentre di stelle adorno

il limitar del cielo

e d'oro ricoprendo

vado le nubi dense

all'orizzonte apparse.

 

 

 

 

             Il ciclo

 

   Al brutto il bello segue

ed al dolor la vita,

ma nell'opposto verso

ben presto apparirà

il solito cangiare

nell'alternanza certa

del divenire umano.

Gocce di vita in cima

agli alberi festosi

succederanno sempre

a lacrime funeste

e, viceversa, pianti

il passo lasceranno

a trilli di piacere.

Giù nella valle allora

o sopra il monte in cima

convien restare calmo

al tribolar del mondo

ed accettar supino

l'imperversar funesto

dell'orrido destino

per aspettar che torni

un tempo più sereno

da vivere d'un fiato

e riveder la luce

al limitar del cielo.

 

 

 

          Solitudine

 

   Lanugini di nebbia

e lacrime di ghiaccio

sopra deserti amorfi

d'affetto e di pensiero

nel torvo zufolar

del vento che le scrolla             

e scampoli di vita

nel fumo rinserrati

di non sopite voglie

cancellano l'azzurro

del cielo ch'era terso,

mentre felpati passi

di spiriti smarriti

nel vago immaginario

si sentono danzare

lungo la riva colma

di pietrame informe

del fiume che straripa

e, desolando, ammanta

di morte la natura.

 

 

     La quiete dopo la tempesta  

 

 

   Non più deserti e pietre,

né cancellati azzurri,

né di lontani mostri

il cadenzato passo

nel gorgo dei pensieri,

ma di color festoso

il rifiorir sublime

nei quadri d'acqua stagna

che disegnò la pioggia.

Nel cielo senza luce

comparve d'improvviso

dell'arco colorato

la sagoma felice

e risplendente il sole

fugò tempeste e nembi.

Nel fosso non più nero

il gracidar festoso

di rane saltellanti,

nell'aria la speranza,

nel cuore la bontà,

in mente la ragione

per essere felice.

 

 

 

         Sotto il gelso nero

 

    Il sol ricama il cielo

di trapuntata luce

di qua dal gelso nero

e tinge di colore

le nuvole cangianti

ch' abbaglia l'orizzonte,

laddove le montagne frastagliando

punteggiano di cime

il quadro variopinto che ci appare

e gli alberi impazziscono di verde

tra i rami adunchi di colore bruno,

stampando in terra mostri o forse fate

d'indefinito aspetto

che mai la mente immaginar osò.

L'oro s'innesca caldo

al freddo del turchino

e schiumano di rosa i cirri bianchi

che luce li bordeggia ridondando.

    Negli occhi tuoi il cielo,

nei tuoi capelli l'oro,

sulla tua bocca appena

il rifiorir di favole smarrite,

sulle tue gote il rosa

di sogni ormai passati          

su tutto il viso incanto

di giorni ormai trascorsi,

mentre cosparge di liquore rosso

l'ignudo corpo il gelso rubicondo.

    Un tempo, mai cogliemmo i gelsi neri

ignudi entrambi sotto il sol cocente,

eppur felici tosto il sol ci vide

poiché speranza e vita

la fede  c'infondeva

e forza  c'incuteva  giovinezza

all'ombra appena d'un muretto antico

bevendo a garganella l'acqua pura

che d'una fonte anonima sgorgava.

Anche se l'onda paventò l'oblio

talvolta scoraggiata nell'andare

con moto trepidante sopra i flutti

del divenir fugace di quel tempo

ed or lo spettro aleggia più vicino

del nulla che cancella i sogni azzurri,

c'inebria come allora  questa luce

che ci cosparge il viso di colore

e ridondanza dona ai gelsi neri,

perle tra perle rilucenti al sole

nell'intimo del verde delle foglie.

    Possa per sempre ristagnare il tempo

ed immolar la mente a un  Dio pagano

l'ore future per fermarle tosto

ed arrestare il divenire incerto

o forse certo del domani ambiguo

e qui sostare sotto il gelso nero

a disegnar col dito

intriso di liquore

sulle ridenti labbra

l'amore che ti porto

ed adornarti il seno di collane

che san di gelsi e perle nell'amplesso

d'un mondo che ci sfugge

e scriveremo allora

un nuovo carme che non ha parole

e nel silenzio adorneremo i cuori

di quella pace che d'eterno sa

anche se dopo periranno a frotte

le foglie intorno e rinsecchiti i rami

al mondo mostreranno il lor patire.

 

 

 

        Il tonfo                      

 

  Laghi d'azzurro scorgo

tra muvole di bianco

d'indefinito spazio

nell'asola ristretto

di piccola finestra,

ma d'improvviso il nero

il tutto imbratta e copre.

Nulla più vedo e sento

e quando mi riprendo

ho solamente sete....,

ma l'acqua mi circonda

nel fondo dell'abisso

che tutto cancellando

di freddo mi sommerge.

 

 

 

        L'incubo passato              

 

  Infin cessò la pioggia!

L'accqua ristagna nelle pozze oblunche

che l'aratro dipinse parallele    

ed il villan temendo

il fiume scorge tracimante appena

laddove già sudor le zolle asperse.

Sui rivi il verde tremolante al grigio

dell'acqua si confonde

in dirompente moto

e dove l'onda più veloce scorre

tronchi divelti galleggianti vanno,

mentre compare all'orizzonte l'arco

che monte e piano abbraccia

nell'iridato segno

di già raggiunta stasi.

Solerte il sole appare

e poi domani nell'azzurro immerso

a troneggiar ritorna

ed il villan felice

lo sguardo posa che pur dianzi mesto

sul molle campo volse.

  Anch'io lo sguardo posi

sul campo devastato con timore

ed ora muto scruto l'orizzonte

sgonbro di nubi e mostri,

vivi soltanto di trascorse ambasce,

e dolcemente plano

sull'onda del domani

che vividi disegna nell'azzurro

ghiroghiri di gioia e di speranze.

Ma fino a quando durerà nel tempo

questa  serena pace

e quest'azzurro che la mente acceca?

A me, come al villan che guarda e tace,

festosa resta solo la speranza 

del sol che splenda ancora il dì seguente

e ciò mi basta per andare avanti

e nulla chiedo di sapere appresso

di turbolenze nuove,

se pur seguite da giornate calme

nell'alternanza che in eterno dura

finché la vita  dura.

Mi basta rimirar l'arcobaleno

e colorar con esso i sogni miei,

quelli più belli mai sognati prima,

quelli presenti, quelli più vicini,

volare nell'azzurro indefinito,

godere del sereno

ed ignorar le pene e le speranze

dei giorni  più lontani

che forse di veder non m'é concesso.

 

 

 

 

     Solo domani

 

Oggi é silenzio!

Tutt'intorno tace

e la tristezza

nel mio cuore alberga.

Solo domani

tornerà a cantare

l'uccello d'oro

dalla voce arcana.

Solo domani

i variopinti sogni

sull'ali eteree

dei diversi suoni

il ciel azzurro

tingeran di bello!

Solo domani

Tornerà  la vita.

 

 

 

          L'inutile schermaglia

 

   Io son l'uccello dalle piume nere

che grida al mondo il suo dolore antico,

io sono l'ombra che profonda monta

e copre la vallata di squallore,

io son l'immensa cattedral che crolla

al fremito del mondo che rovina,

io son la mota che sommerge tutto,

io sono l'orologio della torre

che l'ore più non segna rintoccanti,

io son la trave che spezzata giace

sotto il pietrame del crollato tetto,

io son la fine della lunga strada,

io sono il sonno senza più risveglio,

io son la morte che gracchiando vola.

L'inutile schermaglia è già finita!

 

     

 

        …   .mettendo insieme: vulcano,   

malinconia,caminetto e margherite....                                   

                                        

   La sabbia a gocce fusa,             

che brontolando espulse la montagna,

si spande nevicando

sui tetti e nelle strade.

Il vento grida mesto tra le case

e pioggia mesce il cielo,

che, memore, ridesta antico duolo

sopito nel silenzio della sera

sui vetri recitando litanie

di cose già passate ma presenti

e mentre tu soltanto col pensiero,

le margherite cogli,

fantasticando apriche primavere

davanti al caminetto che scoppietta,

io sulla tela stendo cieli azzurri

e stelle appunto luccicanti e terse

laddove lo consente il mio desio

 

 

 

 

                La vita negata                                

 

  A quale stella appenderò la vita

che non conobbi mai,

a quale nube asciugherò le guance

di pianto mai versato,

se nulla scorgo in cielo

che di ricordo sia

di dolorosi eventi

e la mia mente annega

nel vasto gorgo dell'infame buio?

Io son colui che visse senza vita,

che senza aver natali

la morte l'adottò

e che del dì la luce mai non vide.

A me non resta che sognare invano

rimpianti mai provati

e che, nel nulla aspersi,

al vento van danzando

tra vividi frammenti

di mai raggiunte stelle

 

 

 

        Soltanto sabbia                            

   

    Mille pensieri,

mille speranze,

mille ricordi,

mille parole....

soltanto sabbia infine

nell'acqua gorgogliante

del fiume in piena

che si disperde a mare,

mentre la sera

nell'imminente buio

le mani stende

sulla sterpaglia intrisa

di niente e d'acquazzina.

 

 

 

 

          Riflessioni sul tramonto            

 

  Quando l'ombra del tramonto incombe

con sulle labbra luci di sorriso,

é forse dolce lo scandire sogni

che ricorrenti brulicando vanno

tra l'ansia dell'ignoto e la certezza

d'un mondo già passato e risaputo.

Allor rimbalza il tempo alla ricerca

d'un volto amico, d'un'anima soave,

d'un inespresso amore nel biancor

raggiante e puro di futuri eventi

e murmure ridesta aspirazioni

che furono sepolte dall'oblio.

Non mente il tempo, forse, se nasconde

nell'impietoso grembo del silenzio

i dolorosi anfratti della vita,

quando nell'infinito s'inabissa

e nuove storie trastullando inventa

al semplice stormire d'una fronda

o lampeggiar di luci appariscenti

nel muto gorgogliare di penombre.

Allor t'appare in ogni stella nuova

un volto caro e sopra d'ogni nube

un rifiorire di novelli affetti

che mai pensasti di poter avere.

Ma son chimere i sogni del tramonto,

che vano passa e non ritorna più

nell'alternarsi ambiguo della notte,

tra luci ed ombre di silenti beghe

che l'anima secerne ed ora grida,

furente di restare prigioniera

d'un tempo inesorabile che scorre

e tutto accieca cancellando a forza

affetti antichi che tornar non ponno,

mentre dall'imo insorge con crudezza

lo spettro della morte che s'appressa!

Così qualcuno freme e non s'acqueta,

tra sogni allucinanti e rabbia insana

perché la fine giunse della luce

e piange e si dispera e brama invano

di riprovar passioni ormai delete,

poiché non vede il divenire eterno

della vita che muore e poi rinasce.

Il semplice languir d'un giorno lece,

poiché di nuova luce albe frementi

succederanno a notti di penombra

sull'ampia scena che natura addobba,

ove soltanto vige l'alternarsi

d'attori sempre nuovi e sempre vari!

Per questo occorre non sciupare invano

la vivida dolcezza d'un tramonto,

poiché non vale il disperato pianto

per cose che non furo o non saranno!

 

 

 

            Sognando....                                                

 

  Io con lo sguardo o forse solamente

col pensiero che vaga all'orizzonte

inseguo rette parallele e sghembe

nella speranza che secanti ellissi

disegnino trapezi di colore

ove annegando si risvegli infine

l'inerzia di momenti senza vita

e l'ansia insorga di futuri eventi

di veli ricoprendo ciò che fu,

bruciando antiche pene e sogni vani

nel gorgo nuovo di novelli accenti.

Ora mi chiedo se basteranno appena

mille parole o cento oppure dieci

oppure un solo declamato verso

a tingere d'arcano il mio sentire

nel gorgo di mendaci apparizioni,

ove ogni istante insegue l'inseguito

e l'anima si spegne solitaria

nella scomposta e desolante scena

d'un cielo senza luce e senza sole.

 

 

  

             Una realtà                       

 

   Nel cielo brilla quel chiaror lunare

che naufragar ci fece

nella credenza d'un amore eterno,

ma i nostri sguardi ormai

sono rivolti a stelle differenti

e rimbalzando van di luce in luce,

laddove nacque un mito

che più non tornerà,

poiché cancella il tempo,levigando,

fatti che furo ritenuti cari

ed or fantasmi sono inconsistenti

nel sillogismo sghembo del presente,

che strabico converge col passato.

 

 

 

            Esortazione                                       

 

   Se tempestoso il giorno al cielo s'apre

e tutto sembra doloroso e mesto

non ti crucciar per l'imprevisto evento,

che lo restare inerte e neghittoso

ti rende solo triste e non ti giova.

Un raggio cerca tra le nubi spesse

che rischiarando la tua mente scopra   

il giorno che vorresti.

Allora cocci di parole nuove

in un crogiuolo immersi

di speranzosi eventi

nel limbo saliranno del futuro

e sogni accenderanno risplendenti

di mai vissuti giorni

nel candido sbocciare d'un amore

(che forse non sar...!),

ma certo all'orizzonte appariranno

nuove fiammelle di speranze certe

nel tintinnante gorgoglio del mondo

e non sarà bastante

il tempo d'una vita solamente

per vivere felice e senza affanno

e l'amarezza affogherà nel fiume

che il mondo inonda di dolore insano.

 

 

 

        Incontri                                

 

Là,

dove le parole

al vento sparse

e quelle appena dette

sottovoce,

s'incontreranno un giorno

e taceranno,

là,

nascerà

di certo

un nuovo mondo,

dove ogni sguardo,

ogni progetto vago,

ogni pensiero

bruceran d'amore

e luce e sole

scintillanti in cielo

fantasmi tracceran

d'affetti nuovi.

Allor d'eterno

il senno cingerai

ed annegar vorrai

nel mar d'azzurro,

che pianto ignora

e dolorosi eventi.

 

 

 

     Un vagheggiato mito                 

 

   Caparbiamente amanti,

eternamente amanti,

perdutamente amanti,

se pur d'ignoto aspersi 

nel silenzioso mito

d'un inespresso amore

sull'ali volteggiando

d'un tempo che verrà,

sublimi inventeremo

nell'infinito gorgo

dei nostri sensi accesi

orgasmi mai provati

e splenderan d'eterno

i baci e le carezze

che forse mai saranno,

finché non giungerà

la stasi del silenzio.

 

 

        Cecità                      

 

  Noi percorriamo a volte

ansanti e solitari

la strada del deserto

al vento disperdendo

affetti noti e nuovi 

che scemano per sempre

nella rincorsa vana

di vagheggiate mete

che se raggiunte fonte

saranno solamente

di pena  e di rimpianto.   

 

                                          

      

               Alla mia terra                                

 

   Io le vestigia antiche percorrendo

vado di questa mia superba terra

finché le spalle poggerò morendo

nell'aspro suolo, che nel sen rinserra

  l'ossa del duce che destino orrendo

prigion lo volle contro i greci in guerra,

l'opaco velo a forza discoprendo

che la vetusta lava ammanta e serra.

  Greci e fenici qui pugnaro invano

per soggiogar gl'indomiti Sicani.

Più tardi ancor l'imperator romano

  ed altri ancora in nome del Corano

con la violenza imposero le mani,

ma Siculi si fero a mano a mano!

 

 

         

          Certezza           

 

   T' ho sempre amata e t'amo!

Per certo già t'amai 

ancor prima d'averti

e forse prima  ancora che tu fossi

e che io stesso fossi

e t'amerò per sempre

oltr'ogni cosa al mondo,

oltre la vita, per l’eternità.     

                                          

       

 

     Ad una Signora incontrata per caso                    

 

   Buondì, cara Signora,

che quasi tutti i giorni

mi parlavi di cose interessanti

e  raccontavi fatti ch'eran tuoi.

A Te, come Alessandro,

quello che scrisse de "I promessi sposi",

un inno sciolgo che famoso certo

nel mondo non sarà,

perché modesto verseggiar s'addice

a chi per gioco e per diletto scrive.

Ma se modesto al tetto l'inno sale

per perdersi silente nella volta

dell'azzurrato cielo,

Tu resti sempre viva nel ricordo

di te che vidi un poco mesta e dolce

parlar d'ambasce e pene su vicende

che sono sempre state e che saranno.

Mentre volava il cicaleccio intorno

di gente che parlava,

la simpatia m'accese

del semplice tuo dire,

perché profumo tu spandevi intorno

d'umano sentimento e comprensione

nel porgermi messaggi lusinghieri

d'immagimi traslate,

ch'erano intrise di speranza e forza.

Il tuo parlar  ti dava

quell'aria di sereno e di mistero,

che circondare suole

gli arcangeli dipinti nelle chiese

con la dorata chioma,

ma Tu, dell'ali priva,

donna apparivi dall'umano aspetto

che conservare vuole

la tipica dolcezza

di chi comprende ed ama.

Da Te speravo in vero

che mi mostrassi tosto

la foto d'un domani,

dove sereno, pace ed armonia

s'intrecciano nel mondo del futuro

con la speranza d'una vita nuova

da vivere felice e spensierata,

e far di Te la fata

d'una stupenda favola

che scritta ancor non é,

almen sperando solo

di dirti da lontano (troppo tardi!)

le tante cose belle

che scrivere non so.