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Parti della macchina fotografica

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LA MACCHINA FOTOGRAFICA

 

 

 

 


Le parti principali della macchina fotografica sono:


a) la cassa


b) l'obiettivo


c) il diaframma


d) l'otturatore, il mirino


f) la pellicola


g) il meccanismo di trasporto della pellicola


 

a) La cassa

La cassa è l'involucro esterno che contiene tutti gli altri elementi della fotografia. Deve essere a perfetta tenuta di luce ed è completamente nera all'interno.


Può essere di legno, di plastica o di metallo, a forma quadrata, rettangolare o tondeggiante; piccola o grande, rigida o a soffietto.

 

 

b) L'obiettivo


E' "l'occhio" dell'apparecchio fotografico. Consta di una lente (per gli apparecchi più semplici) o di un gruppo di lenti che raccolgono e concentrano la luce del soggetto sulla pellicola.


Dalla "luminosità" dell'obiettivo dipende in gran parte il pregio dell'apparecchio. I livelli tecnologici raggiunti nell'industria ottica, hanno permesso di produrre degli obiettivi che sono veri miracoli di perfezione tecnica.


L'obiettivo può essere "a fuoco fisso" o "a fuoco variabile".

Nel primo, la distanza tra la lente e la pellicola (detta lunghezza focale) è fissa; nel secondo, si può variare la lunghezza focale in relazione alla distanza dall'obiettivo (messa a fuoco).


Nella messa a fuoco, se il soggetto è vicino occorre aumentare la distanza focale, cioè allontanare l'obiettivo dalla pellicola; se il soggetto è lontano, occorre diminuire la distanza, cioè avvicinare l'obiettivo alla pellicola. La regolazione si esegue ruotando una vite.


Gli obiettivi possono essere: normali, per gli impieghi comuni; grandangolari, per le riprese di paesaggi; teleobiettivi, adatti per particolari o riprese a lunga distanza.

 

 

c) Il diaframma


Serve per dosare la quantità di luce che entra nell'apparecchio. Il diaframma può essere fisso o regolabile, rispettivamente con un unico foro di un certo diametro o con più fori di diametri diversi.


Molti apparecchi sono dotati di un diaframma a iride (che funziona come l'iride dell'occhio umano) formato di laminette di metallo che si sovrappongono.


Con scarsa luce, sarà necessario aumentare l'apertura del diaframma, con luce forte, bisognerà invece diminuirla.


Nella maggior parte delle macchinette fotografiche, l'apertura del diaframma è indicata in numeri f/.

 

 

 

Ogni numero f/ corrisponde al rapporto tra la distanza focale e il diametro di apertura.


Un comune apparecchio fotografico può avere, ad esempio, le seguenti aperture diaframmali:


f/2,8  -   f/4  -   f/ 5,6  -   f/8  -  f/ 11  -   f/ 16  -   f/22

 

 

 

In questo caso, con f/2,8 il diaframma è completamente aperto e lascia passare la massima quantità di luce; man mano che ci si sposta verso i numeri più alti, il diaframma si chiude, sino a diventare, a f/22, il più piccolo possibile.


Tra i numeri f/ successivi, segnati sulla scala dei diaframmi, l'apertura che ha il numero minore lascia passare una quantità doppia di luce rispetto a quella di numero maggiore.


Ad esempio, con diaframma f/2,8 passa una quantità doppia di luce che col diaframma f/4 e così via.

 

 

 

d) L'otturatore


E' il meccanismo che apre o chiude il passaggio circolare formato dal diaframma, attraverso il quale entra la luce nella macchina fotografica.


Può essere paragonato ad una tenda che viene aperta solo per il tempo necessario ad impressionare la pellicola.


Gli apparecchi più semplici hanno una sola velocità di otturazione o, come si dice più comunemente, un solo tempo di posa o di esposizione; quelli più complessi hanno invece velocità variabili.


Gli otturatori possono essere composti di una lamina nera che apre e chiude il foro, oppure di un meccanismo a iride.

 

 

 

Impiegando una velocità di otturazione lenta, cioè un tempo di posa lungo, può passare attraverso l'obiettivo una grande quantità di luce, e viceversa.


Un comune apparecchio fotografico può avere, ad esempio, i seguenti tempi di posa, espressi in secondi:


1/30  -  1/60  -  1/125  -  1/250

 

Altri, invece, riportano direttamente i centesimi di secondo, e quindi si leggerà:


30  -  60  -  125  -  250

 

Negli apparecchi più perfezionati si hanno tempi di posa più numerosi, che possono variare da 1 secondo fino a 1/1000 di secondo, e anche di meno.


Sull'anello dei tempi di posa è spesso indicata una lettera B. Ponendo l'indice di regolazione su questo contrassegno, l'otturatore rimane aperto finché si tiene premuto il bottone di scatto, quindi anche per tempi lunghi diversi secondi.


La scelta del tempo di posa è un'operazione importantissima: essa va fatta tenendo presente non solo le condizioni ambientali di luce, ma anche l'indice di apertura di diaframma (il numero f/).


Infatti, la quantità di luce che penetra nell'apparecchio dipende:


1) dall'apertura del diaframma (diaframma molto aperto, molta luce; diaframma poco aperto, poca luce);


2) dal tempo di posa (tempo lungo, molta luce; tempo breve, poca luce).


Bisogna aver sempre chiaramente presente questo concetto, per evitare di fare fotografie molto scure (sottoesposte), perché hanno ricevuto un'insufficiente quantità di luce, o troppo chiare (sovraesposte), perché hanno ricevuto un'eccessiva quantità di luce.

 

 

e) Il mirino


Serve per inquadrare esattamente il soggetto che si desidera fotografare.


In linea di massima si può affermare che ciò che viene inquadrato nel mirino compare anche nella copia stampata.


Bisogna però fare attenzione quando si vuole fotografare un soggetto a distanza ravvicinata (ad esempio un volto, un busto ...). In questo caso, per la diversa posizione che hanno nell'apparecchio il mirino e l'obiettivo, può venir tagliata fuori la parte superiore del soggetto (errore di parallasse).

 

Questo errore, presente in quasi tutte le macchine , è trascurabile nelle normali fotografie a media e lunga distanza, ma diventa evidente nel caso di fotografie ravvicinate.


Ne sono esclusi alcuni apparecchi "reflex" che impiegano lo stesso obiettivo della macchina per captare l'immagine del soggetto.

 

 

 

 

Il tipo più comune di mirino è quello a cannocchiale, detto anche galileiano; vi sono poi mirini sportivi o a traguardo e mirini reflex, formati di una specchio inclinato di 45° che riflette l'immagine raccolta da una lente su un'altra lente o su un vetro smerigliato.

 

 

 

 

Il tipo più comune di mirino è quello a cannocchiale, detto anche galileiano; vi sono poi mirini sportivi o a traguardo e mirini reflex, formati di una specchio inclinato di 45° che riflette l'immagine raccolta da una lente su un'altra lente o su un vetro smerigliato.

 

f) La pellicola


La pellicola è formata di un nastro di celluloide o di altro materiale, ricoperto con uno strato di gelatina contenente dei composti speciali di argento, sensibili alla luce.


Possono essere in bianco e nero o a colori, invertibili (per diapositive) o negative.


Si classificano in base alla loro sensibilità alla luce, secondo i numeri indice ASA o DIN, riportati su ogni tipo di pellicola.


Ai numeri più bassi corrisponde una pellicola a grana fine, poco "rapida", a quelli più alti, una pellicola a grana grossa, molto "rapida".

 

 

Ogni apparecchio fotografico è predisposto per contenere un determinato formato di pellicola, individuato anch'esso da un numero.

 

Vi sono pellicole di piccolo formato di tipo cinematografico, con perforazione  ai lati, 135 (24x36 mm); rulli 120 (6x6 o 6x9 cm), 127 (4x4 o 4 e1/2 X6 cm), 620 (6x6 o 6x9 cm); caricatori già preparati, pronti da inserire, tipo Instamatic, 126 (28x28 mm),

 

 

 

g) Il meccanismo di trasporto della pellicola

 


 

 

Permette di far avanzare la quantità esatta di pellicola per l'esposizione successiva. Può essere automatico o a vista.

 

Per l'avanzamento a vista, sul dorso della pellicola sono stampati appositi numeri che possono essere letti attraverso una finestrella dell'apparecchio fotografico.

 

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Qualche consiglio sull'apertura del diaframma e la velocità di otturazione

 

Descrivendo il diaframma e l'otturatore abbiamo detto quali funzioni svolgano nell'apparecchio fotografico.


Ora vogliamo mettere in evidenza la stretta relazione che esiste tra loro.

Ambedue regolano la quantità d luce che entra nell'apparecchio: il diaframma è come una finestra, che può essere più o meno aperta; l'otturatore è la tenda che impedisce o permette alla luce di passare per un certo tempo. E' quindi evidente che si può agire sull'uno o sull'altro per ottenere in pratica lo stesso risultato.


Ad esempio, impostando un'apertura di diaframma f/11 con un tempo di esposizione di 1/50 di secondo, entrerà una quantità di luce identica a quella che si avrebbe con un'apertura di f/8 e un tempo di 1/100 di secondo.


Infatti con la seconda soluzione si raddoppia l'apertura di diaframma, ma si dimezza il tempo di posa: in conclusione, si ha la medesima esposizione.


S potrebbe, quindi, lasciare sempre la stessa apertura di diaframma (ad es. f/8) e regolare soltanto il tempo di posa: quando c'è molta luce si adotteranno tempi brevi, quando c'è poca luce tempi più lunghi.

Oppure, al contrario, si potrebbe mantenere sempre la stessa velocità di otturazione (ad es. 1/100 di secondo) e, a seconda delle condizioni di luce, agire sull'apertura del diaframma.


I ragionamenti fatti sono validi per quanto riguarda la quantità di luce che entrerà nell'apparecchio, e seguendo queste norme si possono ottenere discreti risultati.


Parliamo adesso della profondità di campo.


Osserviamo le due fotografie qui sotto, sono molto più eloquenti di un lungo discorso.


In ambedue le fotografie, la messa a fuoco è stata fatta sul terzo dado: nella prima è stata usata una larga apertura diaframmale (f/2,8), nella seconda un'apertura diaframmale molto inferiore (f/22).

 



 

 

Balza subito all'occhio che nella prima è rimasto a fuoco solo il dado scelto, mentre nella seconda è rimasta a fuoco una zona più ampia, davanti e dietro al soggetto.


Tecnicamente si dice che nella seconda fotografia è aumentata la profondità di campo, cioè la zona in cui rimangono a fuoco i soggetti fotografati.


Questi concetti ci portano a capire come non sia affatto indifferente adoperare un certo rapporto diaframma-tempo di posa piuttosto che un altro, anche se la quantità di luce penetrata nell'apparecchio è la medesima.


Bisognerà anche tener conto della profondità di campo, che viene aumentata con una piccola apertura del diaframma.


Inoltre, adoperando una piccola apertura, si facilita l'operazione di messa a fuoco del soggetto principale, perché anche nel caso che non sia stata calcolata esattamente la distanza, è probabile che il soggetto cada lo stesso entro la zona di messa a fuoco.


Per concludere, riportiamo una tabella puramente indicativa, che può essere di un certo aiuto per non commettere gravi errori di esposizione.


La tabella riporta la sensibilità della pellicola, il tempo di posa che, per comodità, è mantenuto fisso, e l'apertura di diaframma.


Rimangono naturalmente validi i concetti sulla profondità di campo: quindi, se si vuole modificare l'apertura di diaframma, bisogna anche modificare il tempo di posa.