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da Wikipedia
Il Siculish è la sicilianizzazione di parole e frasi della lingua inglese da parte di immigrati siciliani negli Stati Uniti della prima metà del XX secolo, per necessità o per ottenere un effetto umoristico. Alcune volte il Siculish è stato usato per sicilianizzare i toponimi geografici americani abitati da comunità sicule: così Bensonhurst divenne "Bensinosti", New York si trasformò in "Nova Jorca" e Brooklyn in "Brucculinu".
Altre forme di Siculish si sono inoltre sviluppate in comunità di immigrati siciliani all'interno di altri Paesi anglofoni come Canada e Australia. Le sorprendenti similitudini tra queste forme sono dovute a movimenti transnazionali di emigranti o, molto più probabilmente, da logici adattamenti dell'inglese a norme linguistiche del siciliano.
Alcuni immigrati di seconda generazione confondono sovente il siciliano attuale con parole Siculish. Questo accade specialmente con parole che hanno con l'inglese una derivazione linguistica comune, ossia quella del normanno. Ad esempio: trubbulu e trouble ("problema"); damaggiu e damage ("danno"); raggia e rage ("rabbia"); attruppicari e to trip ("inciampare").
Lo scrittore Leonardo Sciascia, nel racconto La zia d'America (contenuto nella raccolta "Gli zii di Sicilia"), utilizza alcune "sicilianizzazioni" di termini inglesi (come ad esempio la parola storo, utilizzata per indicare il negozio, dall'inglese store).
Ecco alcuni esempi di Siculish:
' da back e house ("sala da bagno")
da: La Repubblica.it
Da sempre la lingua è il primo banco di prova nell'adattamento a un milieu estraneo. Bisogna impadronirsi presto delle parole per dirlo, ma anche quella dell'orecchio per sentirlo è questione non secondaria. Si tratta di un' esigenza di pura sopravvivenza, pena la riduzione a uno stato d'oggetto inanimato. In proposito, ricordiamo quanto ci raccontò un giovane ricercatore spagnolo trovatosi, nel quadro d' un programma di scambi fra università europee, a trascorrere un prolungato periodo di studio in Germania. Soprattutto, ci colpì la forza dell' immagine usata: "Nelle prime settimane, a lezione, mi sentivo una sedia". E con ciò egli intendeva dire che, rispetto al flusso di parole proveniente dalla cattedra, provava per se stesso le sensazioni che né più né meno avrebbero potuto essere quelle della sedia su cui si era accomodato.
Le parole del collega spagnolo ci tornano in mente guardando a quel fenomeno linguistico battezzato siculish, ossia lo slang misto di anglo-americano e siciliano parlato dai nostri conterranei emigrati negli Usa. Un fenomeno talmente caratterizzante da essersi meritato apposite pagine su Wikipedia (una delle quali scritta addirittura in siciliano: scn.wikipedia.org), e altre pagine collaterali alla grande enciclopedia del web. si tratta d' un riconoscimento meritato. Il siculish è infatti una lingua non solo adattiva, ma anche trasformativa. Attraverso essa il siculoamericano fa più che liberarsi d' una condizione svantaggiata e smettere di "sentirsi una sedia" in terra straniera; va oltre, riadattando a propria misura la lingua del posto attraverso un' opera di contaminazione con la lingua madre. E basta fare una rapida carrellata sui termini siculish per capire. Essi rispecchiano il modo attraverso il quale l'emigrato siciliano negli Usa sperimenta l' appropriazione della lingua locale come elemento di distinzione nei confronti di entrambi i mondi: quello d' origine e quello d' approdo. Come per darsi il senso, nella precaria condizione da sradicato e trapiantato, di prendere in mano il proprio destino imponendo un registro comunicativo e facendone un segno di distinzione. È così nel caso di tutti quei vocaboli anglo-americani che vengono foneticamente ricondotti a una cadenza sicula: giòbbu per job (lavoro), cciànza per chance (possibilità), minnistrìtti per main street (corso principale), carru per car (automobile), e così via fino agli abusati bisinìssi e ferrubbòttu .Tutti termini che mescolano adattamento, richiesta d' identità, e nostalgia per la terra d' origine.
Quest' ultima viene fatta rivivere attraverso l'atto di più naturale socializzazione (il quotidiano e minuto dialogare) con l' imposizione d'una cadenza intima alle parole estranee.
C'è un altro aspetto che rende il siculish un fenomeno linguisticamente peculiare. E' il fatto di essere per metà generato da una lingua locale, quella siciliana, già di per sé straordinariamente propensa al rimodellamento (se non alla storpiatura) delle parole provenienti dalla stessa lingua nazionale, l'italiano, oltre che di nomi e cognomi appena più lunghi d'un bisillabo. Ci è sempre parsa prodigiosa la regolarità con cui il siculo popolino rimastica le parole rendendosele domestiche e conferendo loro una sonorità più prossima al proprio sentire. Quasi una ribellione dal basso, condotta per sottrarsi all'egemonia delle classi dominanti che sono anche classi allittràte. La precisione, il rigore formale, non si addicono al siculo delle classi medio-basse (e nemmeno più di tanto a quello delle classi elevate, per dirla tutta); che reagisce a essi come fossero un ulteriore atto di vessazione. Tale meccanismo viene riprodotto nel processo che porta il siculoamericano a adattarsi alla lingua parlata negli Usa e a appropriarsene; fino a strutturarsi in una parlata consolidata, anziché essere la primitiva tappa d' avvicinamento a una competenza linguistica più elevata. Questo è il siculish: una sorta di lingua comunitaria e anfibia. Nata anche dall'impossibilità d'approntare il legame della traduzione fra le lingue ufficiali, l'italiano e l'inglese. Sta in questo l'altra peculiarità del siculish. Esso mixa una lingua straniera e una lingua locale by-passando ogni rapporto con la lingua nazionale del paese d'origine.
Per gli emigrati siciliani negli Usa, o quantomeno per quelli che diedero vita alle grandi ondate migratorie fra il XIX e il XX secolo, l'italiano era a sua volta una lingua quasi straniera. E non disponendo di una rete protettiva costituita dalla lingua ufficiale del paese di provenienza, essi trovarono naturale costruire la nuova competenza linguistica partendo dal solo patrimonio di cui disponevano: il parlato siciliano.
Certo, all'orecchio italiano ma anche a quello siciliano colto, il siculish suonerà sempre bizzarro e caricaturale. Ma guardando all'oggetto, e cercando di farne emergere l' elemento identitario, non si può non cogliere quanto lo slang dei siculo-americani sia in fondo un punto d' orgoglio, quasi una rivendicazione d' appartenenza. L'essere soltanto parte di due mondi e non sentirsi mai completamente assorbiti da uno di essi; rivendicando questo carattere ibrido come un merito anziché una diminutio. Per questo il siculish sarà parlato sempre. E sempre, ascoltandolo, qualcuno riderà. Ma sommessamente, e pure con un senso vago di rispetto. Perché quella parlata fa comunità e veicola un senso identitario che chi ridacchia può soltanto invidiare.