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Il Liberty a Catania

 

 

All'inizio del Novecento Catania, città colta ed industriosa, aveva subito recepito il vento di innovazione estetica dettato dall'eleganza dell'Art Nouveau e dalle linee dolci e sinuose del Liberty. Linee curve, ornamenti vegetali con innesti di raffinata eleganza, elementi floreali si riscontrano in ville, palazzi signorili, in città e in periferia.

Un Liberty esistente, un Liberty sparito e un Liberty che rinasce dalle proprie ceneri, un Liberty che è stato e sarà sempre testimonianza di una Città che rimarrà sempre al passo con i tempi.

 

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Il Liberty a Catania

 

Catania già nel corso del Settecento si era avviata a divenire la seconda città della Sicilia sia per grandezza urbana sia per entità di commerci. Ciò grazie alla sua splendida ricostruzione - dopo il terremoto catastrofico del 1693- nelle forme di un tardo barocco monumentale ed elegante al tempo stesso nonché arricchito da una esuberante decorazione. Alla fine dell’Ottocento la città era divenuta la capitale dei commerci siciliani - soppiantando Messina - grazie a una borghesia vivace ed intraprendente e ad un entroterra intensamente coltivato. Favorita da un sito parzialmente pianeggiante e privo delle barriere montuose che penalizzano Messina, all’inizio del Novecento aveva potuto avviare un vasto programma di espansione e innovazione urbanistica. Città di industrie e di commerci aveva subito recepito il vento di innovazione estetica stimolato dal Liberty. Anche qui, come era stato per Palermo, fu grazie da una esposizione temporanea (la 2° Esposizione Agricola Siciliana con il padiglione di Luciano Franco ed il Chiosco Inserra di Tommaso Malerba) a fornire l’occasione per mostrare ai catanesi delle realizzazioni che, sia pur effimere, esplicitavano per la prima volta i moduli estetici dell’Art Nouveau.

Un primo esempio di architettura moderna si concretizza comunque ad una opera dell’architetto Fabio Maiorana (1875- 1934) nel palazzo Rosa di via VI Aprile ( 1903- 1905). E’ comunque un’opera di Ernesto Basile, elegante e severa al tempo stesso, che apre ufficialmente la strada alla produzione architettonica modernista in Catania: il Palazzo Manganelli (1907) in corso Italia. L’edificio è contraddistinto da una fitta decorazione a cornici lineari e bugnati schiacciate e si caratterizza per la torretta angolare, tipica della cifra estetica basiliana, che qui è coperta da un tetto a padiglioncino aggettante.


Altre opere  dello stesso autore sono il Villino Bernardo Fichera, in via Ardizzone Fichera, la casa Fichera in via Dottor Consoli, la Villa Messina e il Garage Musumeci. Altre sono andate distrutte. Una personalità progettuale straordinaria nel panorama catanese è quella dell’arch. Tommaso Malerba. Figura culturalmente originale, di formazione del tutto autonoma rispetto all’ambiente artistico siciliano. Studiò a Napoli e viaggiò a lungo nell’Europa centrale tanto da essere influenzato dal gusto del Liberty francese e tedesco. Tuttavia le sue opere, come il palazzetto in piazza Duca di Camastra, la Palazzina Abate in via C. Abate nonché il famoso Palazzo Marano in via Umberto, fanno del Malerba il più “catanese” dei progettisti locali. Ciò per lo straordinario gusto plastico delle esuberanti decorazioni che trasmettono particolari vibrazioni alle superfici delle facciate ma sempre entro un disegno di particolare misura. La decorazione del Palazzo Marano divenne una fonte di ispirazione per molti imitatori. Nel negozio Frigeri, in via Manzoni, queste decorazioni sono le protagoniste assolute.

 

Un terzo importante interprete del Liberty etneo fu l’ing. Paolo Lanzerotti (1875- 1944), progettista di gusto tendente ad un recupero parziale dell’Eclettismo. La sua opera più “basiliana” è il Palazzo Zingali-Tetto in via Etnea. Altre opere sono: Villa Del Grado in corso Italia; Villa Pancani in via Acque Casse (Porto Ulisse) dove adotta curiosamente dei tetti nordici; Villino Priolo e una Sala Cinematografica. Altre opere sono andate distrutte.

Torna invece un gusto progettuale originale nell’opera principale di Carmelo Malerba Guerreri che nella Villa Ardizzone, in via Rapisardi, disegna un portico ad unico arcone scompartito da due esili pilastri. Della schiera di altri progettisti ricordiamo: Maiorana (Palazzo in via Caronda); Alvisi (Palazzetto in via Pulvirenti).


In un clima culturale sostanzialmente eclettico, ancora dominato dal prestigio storico delle grandi architetture barocche della ricostruzione settecentesca, l’opera dei pro- razionalisti appariva troppo fredda in quanto non recepiva alcunché di quella estetica ricca e vivace. Lo stesso Fichera, col tempo, dovette parzialmente aprirsi a quel gusto locale. I portatori di un gusto più “ardimentoso”- come Malerba e il Guerrieri- ebbero un maggior successo per la naturale, istintiva pulsione degli artisti decoratori verso motivi più articolati e ricchi di effetti, anche coloristici. Fra questi artefici va ricordato lo stuccatore Anile che reinterpreta brillantemente la tradizione barocca locale nel nuovo linguaggio del Floreale. Si veda infatti la Villa Tringali in via Duca Abruzzi (S. Maria della Guardia). Numerose tracce di questa scuola catanese di decoratori sono riscontrabili in diversi edifici della città e denotano una espressione autonoma di continuità tradizionale. E’ da tenere presente inoltre che nell’area orientale dell’isola - più che in quella occidentale - il Floreale penetrò anche nei piccoli centri periferici e nelle grandi proprietà di campagna.

 

Ciò in forme semplificate e più accettabili, in quanto una clientela, sia di buon livello economico sia di mezzi limitati, che non poteva (o non voleva per economizzare) rivolgersi ai grandi studi professionali, ebbe nei titolari delle ditte edili e nei capimastri i suoi progettisti locali in grado di accontentarne i gusti evidentemente già avvertiti e sensibilizzati alla nuova moda estetica. Vediamo così numerosi elementi del repertorio decorativo floreale comparire in modeste case di paese come anche in grandi ville suburbane fornendoci l’indice del vasto gradimento che questo stile aveva incontrato.

Siamo abituati a pensare a Caltagirone come alle capitali della produzione ceramica in Sicilia. Ben pochi sanno che questa cittadina della provincia catanese è anche una piccola capitale dell’architettura Liberty e che le due cose sono legate fra loro da una interessante esperienza sociale vissuta da Caltagirone agli inizi del secolo.

L’avvento del Modernismo in questo antico centro venne infatti favorito dall’esperienza amministrativa dei “cattolici” del partito popolare guidati proprio dal fondatore del partito stesso e grande leader nazionale, don Luigi Sturzo, nativo appunto di Caltagirone. La qualità dei progetti - dovuti sia a Ernesto Basile sia a Saverio Fragapane e Giovan Battista Nicastro - darà luogo, fra il 1905 e il 1920, alla realizzazione di opere architettoniche fra le più esteticamente avanzate del Liberty di area catanese nonché arricchite dal contributo di quei maestri del cotto e della ceramica (Enrico Vella) che avevano, proprio in Caltagirone, una delle principali fucine di  produzione, anch’esse stimolate dallo Sturzo che nel 1918 promosse la realizzazione dell’Istituto d’Arte per la Ceramica rendendolo noto in tutta Italia.

Si tratta quindi di un caso particolarmente felice di collaborazione fra amministrazione locale, grandi progettisti moderni e artisti locali di alta qualità.


L’esordio del Liberty a Caltagirone avviene con un’opera di Ernesto Basile: l’Officina Elettrica di via S. Chiara (1907- 1909), ottimo esempio di architettura industriale dove l’autore concilia con eleganza le esigenza funzionali all’inventiva estetica. Si noti il basamento con bugne a diversa fuoriuscita e i finestroni arcuati scompartiti da esili pilastri. Ma il protagonista pressoché unico di questa particolare esperienza locale è un “basiliano” di grandi qualità progettuali: Saverio Fragapane (1871- 1957).


Personaggio di straordinaria, fantastica inventiva si segnala subito per tre cappelle funerarie delle quali una, la Cappella Favitta, risente ancora dell’insegnamento del suo maestro mentre le altre due, la Cappella Francesco Galasso e Soci e la Cappella Caruso (1907), si segnalano per l’inventiva fantastica di grande suggestione.

Seguono numerose altre opere: l’Oleificio in via Principe Umberto (1909) dove egli riprende il motivo della finestra dell’Officina Elettrica; la Villa Gravina (1910) dove risente ancora dei modelli basiliani; il Palazzo Comunale con balaustre e formelle in cotto; il Palazzo delle Poste (1911) con bugnati lisci; la chiesa di S. Giuliano (1913); il Villino Favitta (1916); la Casa delle Quattro Stagioni e la Casa Compagno. Da segnalare anche i lavori in cotto di E. Vella che caratterizzano ed impreziosiscono la Casa Amico in via Don Sturzo.

 

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Casa Fichera
Casa Fichera

 

   Casa Fichera

cancello d’ingresso

Via Dottor Consoli

(arch. Francesco Fichera)

 

Casa Marano
Casa Marano

 

Palazzo Marano
via Umberto
(arch. Tommaso Malerba)

Palazzo di piazza Jolanda
Palazzo di piazza Jolanda

 

Palazzo in piazza Principessa Jolanda
(dettaglio)

Villa Del Grado
Villa Del Grado

 

Villa Del Grado
(cancellata)
Corso Italia
(arch. Paolo
Lanzerotti)

Villa Miranda
Villa Miranda

 

Villa Miranda
(dettaglio)
Via XX Settembre, angolo via Grotte Bianche
(arch. Francesco
Fichera)

Villa Miranda
Villa Miranda

 

Villa Miranda
Via XX Settembre, angolo via Grotte Bianche
(arch. Francesco
Fichera)

Palazzo Rosa
Palazzo Rosa

 

 

Palazzo Rosa
Via
VI Aprile
(arch. Fabio
Maiorana)

Villa Ardizzone
Villa Ardizzone

 

 

Villa Ardizzone
(dettaglio del portico)
Viale
Rapisardi
(arch. Carmelo Malerba Guerrieri
)

Villa D'Ayala
Villa D'Ayala

 

 

Villa D’Ayala

in Corso Italia

Villa Corso Italia
Villa Corso Italia

 

Villa Liberty

in Corso Italia

 

 

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