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Cinecittà sotto l'Etna

Il Cinema a Catania nei primi decenni del Novecento

 

  (da CataniaCultura.com)

di Ignazio Burgio

 

Tra il 1913 ed il 1916 a Catania non solo vennero girati "kolossal" del cinema muto che fecero molto effetto all'epoca, ma sorsero anche diverse case cinematografiche, come l'Etna Film, la Katana Film, la Sicula Film, e la Jonio Film. Anche il commediografo Nino Martoglio con una sua casa di produzione, la Morgana Film, insieme al grande attore Giovanni Grasso, produsse pellicole che divennero delle pietre miliari nella storia del cinema internazionale. Poi quella breve stagione d'oro improvvisamente finì... 

Al tempo in cui i Fratelli Lumière a Parigi davano le prime proiezioni pubbliche della loro straordinaria invenzione (la prima delle quali fu tenuta il 28 dicembre 1895 al Salon Indien del Gran Cafè), la città di Catania stava vivendo una prospera stagione, sia economica, ma ancor di più culturale. L'industria di raffinazione dello zolfo (di notevoli dimensioni, come ancora testimoniato dalle alte e numerose ciminiere che ne rimangono), le molteplici industrie alimentari ed il commercio degli agrumi, alimentavano il traffico di navi mercantili dell'attiguo porto, complice anche il favorevole periodo di espansione economica internazionale, ed il comodo accesso al Mediterraneo tramite il canale di Suez. 
Ma quelli erano anche gli anni in cui vivevano e scrivevano Giovanni VergaLuigi CapuanaFederico De Roberto ed il commediografo Nino Martoglio, solo per citare gli autori meglio conosciuti. Tanto i salotti quanto i teatri di Catania erano ben frequentati da personalità colte e benestanti che si preoccupavano di tenersi ben informate su tutto quanto accadeva di nuovo, non solo in città ma anche nel resto del mondo: e ciò non solo per far bella figura in società ma anche per sfruttare nuove occasioni di affari. 
Non deve sorprendere pertanto se già nei primi mesi del 1896, appena poco tempo dopo cioè le notizie sulle prime proiezioni parigine, un tal “Salvatore Fichera di Catania” fece pervenire in Francia la richiesta di “comprare il cinematografo o di essere informato sull'apparecchio” (come per la verità fecero anche altri in Italia). Ma in realtà nella città etnea dovevano già essere parecchi i primi appassionati cinefili, dal momento che per l'anno successivo (il 1897) sono già documentate non solo le prime proiezioni di ambulanti che girovagando di piazza in piazza allestivano alla bella e meglio quello strano spettacolo, ma anche le prime vere riprese amatoriali di Catania. Al 1897 appartengono infatti degli spezzoni di “Vedute di Messina e di Catania in movimento”, ad opera di appassionati di cui purtroppo si è perso il nome, mentre contemporaneamente già il 24 gennaio dello stesso anno, Nino Martoglio sul “D'Artagnan”, giornale satirico da lui fondato nel 1891, esprimeva i primi entusiastici commenti sotto forma di dialogo: “Li civitoti a lu cinematografu”. Sempre nel medesimo anno è documentato, nella notte tra il 31 marzo ed il primo aprile, il furto di un apparecchio cinematografico ai danni di un tedesco, (apparecchio poi ritrovato e riconsegnato al proprietario) che come afferma Franco La Magna “fa assurgere il cinema agli onori della cronaca”. (La Magna, 1995). 
Il crescente interesse dei catanesi per la nuova tecnologia (del 1898, ad esempio, sono altre due riprese amatoriali: “Passeggio alla Villa Bellini” e “Una ricreazione di bambini alla Villa Bellini”), spingono al “business”, e così già pochi anni dopo il Teatro Sangiorgi, appena inaugurato nell'anno 1900, ospita le prime proiezioni dei Fratelli Lumière, immancabilmente pubblicizzate con sincero entusiasmo da Martoglio sul suo giornale ("ingresso per pochi baiocchi!"). Il medesimo teatro diviene nel 1905 la prima sala cinematografica stabile di Catania, seguita poi dall'apertura di altre oggi non più esistenti, come il Cinematografo Mondiale, la Sala Italia, il Club Unione, ed il Cinematografo Moderno, distrutto da un incendio nel giugno del 1906 (ma riaperto a tempo di record nel settembre dello stesso anno con il nome di Lumière Moderno). 

Le pellicole proiettate in quei primi anni nelle sale catanesi o erano di origine straniera (come i cortometraggi di George Mèliès, il primo inventore dei trucchi cinematografici) o prodotte da altre società cinematografiche sorte nel frattempo nelle maggiori città della penisola, come la Cines di Roma o la Ambrosio di Torino, che cominciarono a produrre le prime pellicole a soggetto storico o letterario: ad esempio “La presa di Roma” (1905), “Gli ultimi giorni di Pompei” (1908) o le due versioni dei Promessi Sposi che uscirono sempre nel 1908, una delle quali diretta da Giuseppe De Liguoro. La città di Catania comunque poteva già offrire se stessa ai primi suoi concittadini spettatori in documentari quali “Catania e la Circumetnea” delle Manifatture Cinematografiche Riunite di Napoli (1907), “Sua Maestà il Re all'Esposizione”, sempre del 1907, e la prima documentazione filmata - perlomeno a livello professionale – di una “Eruzione dell'Etna”, del 1909 (ambedue della Ambrosio). 
Contemporaneamente però nello stesso periodo cominciavano ad essere prodotti – sempre da società della penisola - i primi film tratti da soggetti di autori catanesi: ad esempio, una prima versione di “Cavalleria rusticana” per la regia di Mario Gallo, interpretata dal grande attore catanese Giovanni Grasso (1908), una breve versione comica della Sonnambula di Bellini (dal titolo “La sonnambula del villaggio”, dei F.lli Pineschi di Roma, sempre del 1908), e due versioni della Norma nel 1911 (una della Vesuvio Film di Napoli, e l'altra della Film d'Arte Italiana). Anche Luigi Capuana venne messo in celluloide nel 1912 con il film “Malìa”, tratto da un suo lavoro teatrale ed interpretato dagli attori catanesi Attilio Rapisarda e Mariano Bottino. I medesimi due interpretarono sempre nello stesso anno un altro film interamente girato a Catania, “Feudalesimo o Terra Baixa”, (uno dei testi teatrali più rappresentati all'epoca, dello spagnolo Angel Guimerà) prodotto dalla Roma Film per la regia di Alfredo Robert. 
Secondo alcuni inoltre già nel 1909 in un film girato anch'esso a Catania da una società romana, dal titolo “Il divo”, fece la sua prima apparizione il popolare attore catanese Angelo Musco, che fu autore di un curioso episodio (ma molto significativo, secondo qualche critico, delle nuove potenzialità comunicative del cinema). La scena, ambientata nel centralissimo mercato di Piazza Carlo Alberto (che a quanto pare al momento delle riprese non era stata trasformata in un “set”, ma era normalmente aperta al pubblico), prevedeva come da copione una finta lite con un mercante ambulante del posto, per poi essere immediatamente sedata da altri interpreti. Ma il giovane Musco malmenò talmente il malcapitato interprete che aveva di fronte da provocare anche una vera e propria rissa generale in tutto il mercato, cosa che lo costrinse ad una fuga così rocambolesca da danneggiare per di più una gran quantità di merce esposta sulla strada. La società romana per poco non finì in bancarotta a causa dei danni che fu costretta a pagare per tutte le stoviglie, il vasellame ed i prodotti alimentari distrutti durante la fuga, ma ciò che lasciò maggiormente sconcertati i dirigenti della società fu la giustificazione che diede loro il giovane Angelo Musco: voleva cioè rendere più realistica la scena al di là della consueta recitazione teatrale, imponendo a se stesso e all'attore che aveva di fronte di “vivere” la parte anzichè recitarla come sul palcoscenico (anticipando così di parecchi anni i teorici della differenza tra “recitazione cinematografica” e “recitazione teatrale” - cfr. Saitta, U., 1981, p. 53 e sgg.). 

Intorno al 1912-13, insomma, i tempi sembravano ormai maturi perchè anche a Catania – così come ad es. già avvenuto nel medesimo periodo a Palermo – sorgessero le prime società cinematografiche locali, tanto più che una delle maggiori società di Roma, la già citata Cines, ospitava tra i suoi amministratori un rilevante numero di siciliani: il vice-direttore Carlo Amato, Pietro Moncada, conte di Caltanissetta, ed il principe di Paternò, che ovviamente non mancarono di orientare la produzione della casa cinematografica verso soggetti ed ambienti siciliani, nonchè catanesi. 
La svolta avvenne nel 1913 per diversi motivi. Innanzitutto la medesima Cines rivolse la sua attenzione a Nino Martoglio, introdotto nella Società “siculo-romana” dall'attore catanese Attilio Rapisarda (perlomeno a quanto dichiarato da quest'ultimo). In quell'anno veramente d'oro per il commediografo di Belpasso vennero prodotti un buon numero di film tratti da alcuni suoi soggetti di genere drammatico. Il primo, dal titolo “Il romanzo”, la cui regia – secondo alcuni – sarebbe stata dello stesso Martoglio, venne interpretato nel ruolo di protagonista da Pina Menichelli, una bella attrice nata in provincia di Messina, che per il suo tipo di recitazione troppo “passionale” in questo ed in altri film incappò spesso nelle prime forme di censura da parte dell'allora governo Giolitti (oltre che in quelle della Chiesa che già dall'anno prima – perlomeno a Catania - aveva cominciato a far sentire la sua vooce). A questa prima pellicola, sempre nel medesimo anno 1913, ne seguirono altre, sempre tratte da soggetti di Martoglio, quali ad esempio “Il gomitolo nero”, “Il tesoro di Fonteasciutta”, “Il salto del lupo o La castellana di Ninfa”. 
Ma mentre la Cines di Roma coinvolgeva sempre più autori, attori, ambienti e naturalmente anche i sempre più appassionati spettatori di quella Catania “belle epoque”, un'altra casa cinematografica del Nord-Italia, la Itala Film di Torino, iniziò proprio nel 1913 le riprese di quello che rimane nella storia come il più grande kolossal del cinema muto, ovvero Cabiria, i cui esterni vennero girati anche a Catania. Diretto da Giovanni Pastrone e sceneggiato nientemeno che dal grande vate Gabriele D'Annunzio (che ne curò le didascalie per la considerevole cifra, per quei tempi, di cinquantamila lire), venne terminato l'anno seguente, raggiungendo (originariamente) la lunghezza di più di 4000 metri di pellicola ! (i film dell'epoca mediamente non superavano i 750 metri), per una durata complessiva di più di 4 ore. 
Ambientato tra la Catania dell'età greca e l'antica Cartagine, narrava le vicende epiche di una bambina catanese - Cabiria appunto - che nella confusione seguita ad una eruzione notturna dell'Etna (i cui fotogrammi vennero colorati di rosso), subisce, nell'ordine, il rapimento, la vendita come schiava a Cartagine, ed il salvataggio in extremis da parte dell'eroe Maciste (nome inventato dallo stesso D'annunzio) mentre sta per essere sacrificata alle divinità cartaginesi. Alla fine, una volta cresciuta, sullo sfondo storico della lotta tra Annibale e Roma, riesce a riabbracciare il padre sulla spiaggia di Catania, rimediando nel frattempo anche un buon matrimonio con un ricco patrizio. 
Costato due milioni di lire dell'epoca, e frutto di innovazioni tecniche che fecero scuola anche ad Hollywood (come la macchina da presa posta sul carrello, le lampade elettriche per la direzione delle luci, e le scenografie in legno, anzichè dipinte), “Cabiria” - uscito come già detto nel 1914 - si dimostrò a livello internazionale un vero evento per l'epoca, ed ebbe uno straordinario successo di critica e di pubblico, persino in America. A Catania fu uno dei pochissimi film proiettati al Teatro Massimo Bellini con l'ausilio dell'Orchestra Sinfonica che eseguì la “sinfonia del fuoco” composta per il film da Ildebrando Pizzetti
Ma se nel 1914 il kolossal dell'Itala Film cominciava a mietere successi, già sul finire del 1913 il febbrile Nino Martoglio aveva tentato di dar vita ad una prima società cinematografica catanese, la Morgana Film, per poi tuttavia trasferirsi di nuovo a Roma e fondarne un'altra col medesimo nome. Mentre il 31 dicembre – quasi a voler sfruttare fino all'ultimo la magia di quell'anno così propizio – era già nata sotto il vulcano siciliano, la più importante società cinematografica catanese, la Etna Film

La “Società Anonima Editrice di Films, Etna Films”, omologata dal Tribunale di Catania il 21 Gennaio 1914, venne fondata con un capitale sociale di 200.000 lire – divise in duemila azioni da 100 lire l'una – dal cavalier Alfredo Alonzo, imprenditore nel campo dello zolfo e nell'esportazione della frutta secca, nonchè azionista di una società di navigazione. Suo amico e fidato consigliere era Pippo Marchese, drammaturgo e critico teatrale. Deciso a non badare a spese pur di sfondare nel panorama cinematografico mondiale, per prima cosa fece venire da Milano una personalità già nota ed esperta, il già citato Giuseppe De Liguoro, in qualità di direttore artistico, regista – e a volte anche soggettista ed interprete – dei film di imminente produzione. Raccolse inoltre dal Nord-Italia e dall'estero, interpreti già famosi (come la francese Simone Sandrè), tecnici già esperti, e apparecchi e attrezzature un po' da tutto il mondo. 
Ma come afferma Giusy Nicolosi in un suo articolo “...Quello che fece più effetto fu l’immenso stabilimento costruito in sei mesi seguendo i più moderni criteri e nel quale lavorarono, secondo le cronache, quasi 500 operai. "Sarà il più grande d’Italia !" scrisse su un periodico un attore scritturato dall’Etna. Tutti i corrispondenti visitarono quella "piccola città" e ne scrissero. Lo stabilimento sorgeva a Cibali [un quartiere di Catania, n.d.r.], su un perimetro di 23.000 mq e vi si accedeva da quattro entrate (sappiamo che una era adiacente alla stazione della Circumetnea tutt'ora esistente e un’altra in via Cibele). All’interno, oltre a quattro villini che ospitavano i vari uffici, vi erano numerose costruzioni. Un orgoglio per la Casa erano i due teatri di posa: il più “piccolo” di m 20 x 18 e il più grande di 26 x 30 (cioè circa 900 mq di ampiezza, capace di ospitare le riprese di quattro diverse scene in contemporanea !). Poi i camerini ed i saloni per gli attori e le comparse; un’officina per i fabbri, una per i falegnami e una per gli scenografi; la sartoria; i depositi del legname, delle scenografie, del “mobilio” e di tutto il necessario per la ricostruzione degli ambienti, "in quantità straordinaria, di tutti gli stili, le epoche, le qualità"; un garage, con cinque automobili ed un autobus, e una scuderia con cavalli e carrozze. Ma non è finita. "La capitale della pellicola siciliana", come la definì il direttore di un periodico milanese, disponeva anche dei laboratori tecnici per lo sviluppo, il lavaggio, la coloritura, la stampa, la revisione e il collaudo delle pellicole, e di una sala di proiezione "vasta ed elegante come quella di un gran cinematografo". Addirittura un corrispondente scrisse di un castello a grandezza naturale. Il tutto immerso nel verde, tra viali, pozzi, fontane, sedili, laghetti e piattaforme all’aperto, naturalmente tutto da utilizzarsi nei vari films... (Giusy Nicolosi - "Etna Film, una Hollywood siciliana" - vedi bibliografia). 
Nel dicembre del medesimo anno 1914 quella vera e propria "città del cinema" fece uscire i primi film: “Paternità” e “l'Appuntamento” (o “Rendez-vous”), drammi strappalacrime diretti naturalmente dal De Liguoro, e programmati anche nelle sale della penisola. A Catania essi vennero proiettati nell'elegante e prestigioso Cinema Olympia, in piazza Stesicoro, inaugurato l'anno precedente (il tanto promettente 1913 !) con un altro “kolossal” dell'industria cinematografica continentale, “Quo Vadis ?“ di Enrico Guazzoni. 
Ma la possibilità di lavorare a più film contemporaneamente consentì all'Etna Film la produzione e l'uscita nel breve arco di pochi mesi di un numero considerevole di pellicole di tutti i generi, dalle comiche brevi (L'Istitutrice, Notte d'amore, La sportwoman, ecc. tutti del '14), ai film drammatici, come “La danza del diavolo” (forse già del '14), “La coppa avvelenata”, “Poveri figlioli !” , fino alle commedie (come ad es. Idillio al fresco) e a quelli di argomento militare (La guerra, Il nemico) tutti del 1915. Tutti riscuotevano grande successo e le loro proiezioni costituivano un vero evento. Le cronache dell'epoca raccontano che quando il già citato cinema Olympia proiettava pellicole dell'Etna Film, nell'antistante Piazza Stesicoro il numero di macchine e di carrozze era tale da bloccare tutta la circolazione. Alcuni titoli – Il cavaliere senza paura, Poveri figlioli !, Idillio al fresco – ricevettero anche l'onore di venir proiettati al Teatro Massimo Bellini (7 marzo 1915), durante una manifestazione di beneficenza. La società prese accordi anche con Luigi Capuana – che ricevette il compenso di ottocento lire – per la produzione di pellicole tratte dai suoi testi, ma in realtà non sembra siano mai stati girati i programmati film “Il Marchese di Roccaverdina” ed il “Benefattore” citati invece da altre fonti (cfr. La Magna, 1995, p. 27). 
Ma la gigantesca società nel medesimo anno 1914 fece a quanto pare il passo più lungo della gamba, impegnandosi nelle riprese di un “kolossal” - Christus o la Sfinge d'Ionio - che nonostante il coinvolgimento di un elevato numero di attori e comparse in costume, l'ambientazione in esterni (nel mare di Ognina, alla periferia di Catania), e le ricche scenografie (venne costruita anche una nave antica) non riscosse un adeguato successo di pubblico. Questo, insieme contemporaneamente ad altri gravosi investimenti – come per la produzione del film in costume “Il cavaliere senza paura”, ambientato nel Medioevo – furono certamente all'origine della crisi contabile che insieme a tutti i problemi nazionali e internazionali provocati dalla Prima Guerra Mondiale, avrebbe purtroppo condotto all'improvvisa chiusura degli stabilimenti all'inizio del 1916. 

Nello stesso anno 1914, intanto Nino Martoglio per conto della sua Morgana Film con sede a Roma, ebbe l'opportunità di girare le sue due prime pellicole, di tono più verista e naturalista rispetto ai lavori dell' Etna Film. Ambedue videro come protagonista il grande attore teatrale catanese Giovanni Grasso. Ma mentre il primo titolo, Capitan Blanco, girato ad Aci Trezza ed in Libia, non incontrò i favori del pubblico (probabilmente perchè il finale “poco tragico” finiva per snaturare la trama verista), il secondo, Sperduti nel buio, non solo riscosse all'epoca un grande successo, ma nei manuali della storia del cinema viene spesso definito una vera “pietra miliare”, in quanto considerato il primo film neorealista della storia. 
“Sperduti nel buio, dal lavoro di Roberto Bracco, (definito “l'Ibsen di Piedigrotta”) impressionò talmente – con la sua tragica contrapposizione di due classi sociali drammaticamente a confronto, la dolente e tormentata figura del cieco Nunzio (simbolo del “buio sociale”) e della povera Paolina figlia abbandonata d'uno spiantato e nobile dongiovanni, la rappresentazione di una Napoli miserabile e cenciosa, sordida e maleodorante – da indurre gli storici e critici del cinema (primi fra tutti il severo acese Umberto Barbaro) a definire l'opera di Martoglio antesignana del realismo cinematografico; di essa si parlerà a lungo nel secondo dopoguerra quando, in piena stagione neorealistica, si esploreranno le deboli tracce della tradizione realistica. Tutto il cast ebbe una ovazione di consensi, sebbene, schiacciato dal vincente dannunzianesimo e dai kolossal storico-mitologici, il film viene presto dimenticato, godendo paradossalmente d'una esaltante gloria postuma...” (da: Cento anni di Cinema a Catania (1895-1995), di Franco La Magna, EDIPROM – P. 29. Si confronti anche l'articolo di Sarah Zappulla Muscarà, ricco di notizie circa i commenti della critica dell'epoca). 
E' opportuno comunque ricordare che sia la protagonista femminile, Virginia Balistrieri, che il protagonista maschile, Giovanni Grasso, definito anche da molti critici internazionali come il più grande attore drammatico della storia, avevano già una solida esperienza di teatro verista alle spalle. In particolare la recitazione di Grasso, precisa ed accurata, ma anche fortemente carica di espressività drammatica, suscitava non solo le lodi della critica, ma anche l'entusiasmo delle platee di tutto il mondo, che andavano letteralmente in visibilio quando nelle parti di duello l'attore sembrava quasi “volare” sulla scena prima di piombare sull'antagonista mordendolo alla gola o piantandogli la coltellata finale. Celebre il commento del russo Mejerchol’d: “Mi resi conto di numerose leggi della biomeccanica vedendo recitare il magnifico attore tragico siciliano Grasso”. Il film “Sperduti nel buio” tuttavia è andato perduto durante la seconda guerra mondiale e di esso resta solo qualche raro fotogramma. 
Al 1915 appartiene invece il terzo ed ultimo film di Martoglio, Teresa Raquin, la cui trama, tratta da un romanzo di Emile Zola, verte su di un tema poi divenuto classico nella successiva storia del cinema, quello del drammatico triangolo moglie-amante-marito e la tragica fine di quest'ultimo. Di lì a poco tuttavia il produttore della Morgana Films, Roberto Danesi muore in guerra, sconvolgendo forse oltre che il morale anche i progetti dello stesso Martoglio. I suoi intenti erano infatti quelli di girare altri film a carattere drammatico e verista di autori di un certo rilievo. Sin dall'inizio del '14 aveva invitato anche Verga ad ideare un soggetto per "una film" dichiarandosi disposto a sceneggiarlo lui stesso in maniera speciale. Anche Pirandello(intimo amico di Martoglio) in una lettera piena di entusiasmo si era dichiarato d'accordo circa le sue scelte rendendosi anche disponibile a partecipare lui stesso ("...non potrei fare qualcosa anch'io ? Avrei tanti e tanti argomenti di qualunque specie..."), e scrisse un soggetto che però non venne mai convertito in celluloide. Andata già in crisi nel 1915, ufficialmente la Morgana Film verrà poi sciolta nel 1918. 
Detto per inciso, l'unica nota dissonante nel panorama intellettuale catanese era in quegli anni quella di Giovanni Verga al quale non erano affatto piaciute le prime riduzioni cinematografiche della sua “Cavalleria Rusticana” (alcune delle quali anche comiche). Ma in realtà le sue riserve culturali nei riguardi del cinema non gli impedivano nei fatti di collaborare con esso. Pressato infatti dalle insistenti richieste della sua compagna, la contessa Dina Castellazzi di Sordevolo (in crisi finanziaria), già dal 1912 stava lavorando insieme a lei in gran segreto per sottoporre alla cinepresa alcuni suoi testi, quali “Storia di una capinera” e “Caccia al lupo”. Ma per strana ironia della sorte, a nessuno di questi soggetti verrà dato un solo colpo di manovella – tanto meno da una società cinematografica catanese - fino al 1917. 

Sull'onda del successo dell'Etna Film vennero fondate in quel periodo altre tre società cinematografiche catanesi: la Katana Film, la Jonio Film, e la Sicula Film, dell'avvocato Gaetano Tedeschi dell'Annunziata. Tra il 1915 ed i primi mesi del '16 sfornarono un certo numero di pellicole di vario genere – comico, satirico, militare, ecc. - coinvolgendo interpreti già famosi nell'ambiente teatrale o che lo sarebbero diventati negli anni successivi dopo la breve e gloriosa stagione del cinema etneo: ad esempio i due “divi” di allora Mariano Rapisarda ed Attilio Bottino che interpretarono alcune pellicole della Sicula Film (“Alba di Libertà”, “Presentat-arm!”, ambedue del 1915, ed “Il vincolo segreto”, del 1916); la moglie dell'attore Angelo Musco, Desdemona Balistrieri, che fu tra gli interpreti del film “Il latitante” della Katana Film (1915), e Rosina Anselmi in “Per te amore” sempre della Katana Film (1915). 

Ma improvvisamente all'inizio del 1916 - come già accennato - quella breve stagione d'oro per la cinematografia catanese svanì insieme a tutti i sogni di gloria internazionale. Travolta dalla crisi finanziaria, e forse (come suggerito da Giusy Nicolosi) anche da forti contrasti in seno al suo consiglio d'amministrazione, la Etna Film prese la decisione di chiudere la sua attività insieme a tutte le sue imponenti strutture (forse già entro la fine del gennaio 1916). Questo certamente significò anche per tutte le altre società più piccole l'impossibilità di continuare a girare altre pellicole, poichè – a quanto sembra – ad essa si appoggiavano per tutti i servizi di sviluppo dei negativi e talvolta anche per le riprese nei suoi teatri di posa. In una lettera datata 4 febbraio 1916 infatti l'amministratore della Sicula Film, Gaetano Tedeschi dell'Annunziata si lamentò col cavalier Alonzo medesimo della sua improvvisa decisione di chiudere gli stabilimenti. 
In realtà la crisi delle società cinematografiche catanesi – e la fine definitiva di ogni ulteriore tentativo, anche dopo il 1918, di riavviare una produzione cinematografica locale – era anche una crisi a livello nazionale, determinata sì certamente dalle difficoltà prodotte dallo scoppio della guerra, ma anche da una pessima gestione amministrativa delle risorse e degli investimenti. Sull'onda dell'entusiasmo delle platee che affollavano i nuovi cinematografi i produttori si buttavano spesso a girare film costosissimi – soprattutto dal punto di vista tecnico, dal momento che a quei tempi - a parte i "divi" - attori e comparse non ricevevano alti compensi – che però non davano il sufficiente ritorno economico. Gli storici del cinema sottolineanocome già nel 1914 tutte le maggiori società cinematografiche italiane fossero in perdita. Così come viene evidenziata anche la miopia dei politici di allora che vedevano nel nuovo mezzo mediatico più un pericolo per la morale dell'epoca che una risorsa culturale da sostenere, anche finanziariamente, nei periodi di crisi. 
Paradossalmente, comunque, proprio mentre a Catania tramonta nel 1916 il sogno hollywoodiano di sviluppare una “Cinecittà” ante litteram ai piedi dell'Etna (Film), Giovanni Verga fa finalmente il suo ingresso ufficiale nel mondo della “settima arte” (o “decima musa” che dir si voglia). E' quanto vedremo prossimamente su questi monitor ! 

 

 


FONTI DI RIFERIMENTO 

La Magna, F. - Cento anni di Cinema a Catania (1895-1995) – Edizioni Ediprom, Catania, 1995

Meccoli, D. - Contributo alla cinematografia degli autori siciliani di teatro – in: Il teatro e i teatranti siciliani nel cinema – Ass. Regai Beni Culturali e P. I., Catania, 1981. 

Caprara, V. - Gli attori siciliani di teatro nel cinema - – in: Il teatro e i teatranti siciliani nel cinema – Ass. Regai Beni Culturali e P. I., Catania, 1981. 

Ferrante, E. - L'amore di Giovanni Grasso per il cinema - – in: Il teatro e i teatranti siciliani nel cinema – Ass. Regai Beni Culturali e P. I., Catania, 1981. 

Saitta, U. - Partecipazione creativa dei teatranti siciliani alla nascita del cinema – in: Il teatro e i teatranti siciliani nel cinema – Ass. Regai Beni Culturali e P. I., Catania, 1981 (riporta l'episodio di Angelo Musco e del suo film del 1909). 

Zocaro, E. - L'apporto di Verga, Capuana e Martoglio al cinema – in: Il teatro e i teatranti siciliani nel cinema – Ass. Regai Beni Culturali e P. I., Catania, 1981. 

Zappulla Muscarà, S. - Verga, De Roberto, Capuana, Martoglio e la settima arte – in: Il teatro e i teatranti siciliani nel cinema – Ass. Regai Beni Culturali e P. I., Catania, 1981. 

Tagliabue, C. - Letteratura, cinema e industria nel periodo muto - in: Verga e il cinema - a cura di Genovese, N. - Gesù, S. - Maimone editore, 1996 (Nel panorama culturale nazionale di quell'epoca, non pochi letterati ostentarono la loro diffidenza nei confronti del cinema - caso D'Annunzio, a parte - da essi considerato un mezzo troppo popolare e di massa. Ma in Sicilia e specialmente a Catania, la patria della letteratura verista, si era generalmente più ben disposti, non soltanto per le possibilità di guadagno - Capuana lo chiamava "San cinematografo" - ma anche perchè venivano intuite le possibilità espressive che il nuovo mezzo poteva fornire all'arte drammatica. Il medesimo Capuana - da buon profeta - espresse a Verga l'opinione che la nuova invenzione avrebbe fatto raggiungere all'arte vette fino a quel momento impensabili). 

Genovese, N. - Gesù, S. - E venne il cinematografo - Catania, 1995. 

Nicolosi, G. - Etna Film, una Hollywood siciliana – in: www.provincia.ct.it/moduli/rivista/sommario/2002/Maggio/filepdf/28-29.pdf 

Ruffini, F. - Giovanni Grasso – in: www.teatroestoria.it (L'affermazione di Mejerchol'd inserita in questa maniera nell'articolo può essere scambiata per una battuta ironica - e ci vengaperdonato ciò - ma è giusto ricordare che il grande attore e regista russo inaugurò effettivamente dal 1921 una scuola teatrale di "biomeccanica" e di mimica, a quanto pare realmente ispirato dall'arte di Giovanni Grasso). 

Nota. Per gli stessi storici del cinema costituisce una vera impresa trovare riscontri ad eventi e pellicole negli anni pionieristici del cinema. Ad esempio alcuni film risultano ufficialmente editi anche con un anno di ritardo, per motivi burocratici o di visto censura, rispetto alla loro effettiva uscita nelle sale. Il presente articolo non ha quindi alcuna pretesa di essere nè assolutamente preciso nè esauriente. Si è cercato di porre comunque quanta più attenzione possibile alla documentazione e laddove si sono trovate date discordanti si è preferito dare la precedenza al testo di Franco La Magna (Cento anni di cinema a Catania, op. cit.) in quanto - a nostro parere - sembra il meglio informato. In ogni caso il recapito di posta elettronica (posta@cataniacultura.com) è a disposizione per eventuali correzioni, puntualizzazioni, o anche semplici commenti di cui si terrà conto a piè di questa pagina, o nella sezione FORUM. 
L'immagine fra il testo è tratta dall'enciclopedia libera WWW.WIKIPEDIA.ORG. 

Nota 2. Il Prof. Sebastiano Gesù, uno dei migliori esperti di storia del cinema siciliano e catanese in particolare, ci ha recentemente segnalato che, contrariamente a quanto riportato dalle fonti da noi consultate, "Musco non ha mai girato 'Il divo', film forse mai esistito; e, anche se ambientato a Catania, non è stato girato nemmeno un fotogramma a Catania di 'Cabiria' di Pastrone." Per ulteriori informazioni si rimanda alle pubblicazioni dell'autore (tra le quali il bellissimo volume riccamente illustrato "La Sicilia e il cinema", curato insieme a Nino Genovese per l'Editore Maimone).