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I Miracoli di Sant'Agata

La Santa ha salvato più volte la città di Catania e i Catanesi.

 Vi sarà capitato di parlare con un catanese della sua patrona: Sant’Agata. Probabilmente, vi avrà risposto che deve tutta la sua vita alla Santa. Ed è vero, perché la storia di Agata si intreccia di miracoli e di verità. Agata è ricordata come una donna di sani e forti principi: non tradì mai la sua professione della fede cristiana.

Per questo motivo, venne torturata, interrogata. Alla fine, stremata, trovò la morte: fonti storiche affermano che le furono addirittura asportati i seni.

 

Di seguito, parliamo dei suoi miracoli e di come ha salvato, negli anni, più volte Catania dalla distruzione totale.

 

  

I miracoli più suggestivi attribuiti a Sant’Agata

 

Sono davvero numerosi i miracoli attribuiti a Sant’Agata, legati alle violentissime eruzioni dell’Etna, a terremoti e orribili pestilenze. Ecco i più noti:

 

L’1 febbraio del 252 (Agata era morta da appena un anno), Catania venne minacciata da una violentissima eruzione dell’Etna. Gli abitanti dei vari villaggi, allora, fecero ricorso al velo che cingeva il suo sepolcro, opponendolo all’avanzata inesorabile della lava.

 

Il velo, di colore bianco, diventò rosso e arrestò l’eruzione miracolosamente proprio il 5 febbraio, giorno dell’anniversario del martirio.

 

Da allora iniziò il patrocinio di Sant’Agata sulla città di Catania.

 

Nel 303 circa, la vergine Lucia di Siracusa, andò con la propria madre gravemente ammalata a visitare il sepolcro di S. Agata. Lucia sperava nella guarigione e nella conversione della mamma, così si mise a pregare devotamente finché Sant’Agata, le apparve in sogno e le disse: “Lucia, sorella mia, perché domandi a me ciò che tu stessa puoi fare? Confida che come la città di Catania è sublimata da me in Cristo, così la tua Siracusa sarà nobilitata da lui per te“.

Lucia ottenne la guarigione della madre ed il 13 dicembre dell’anno seguente subì il Martirio per poi diventare la patrona di Siracusa.

 

 Nel 1669, invece, un terremoto fece da preludio ad una terribile eruzione. Un fiume di lava, scorrendo per i pendii dell’Etna e allargandosi per le campagne, distruggeva ogni cosa al suo passare, avanzando inarrestabile verso la città. Ma, come avvenne un anno dopo la morte di Sant’Agata, una processione col sacro Velo bloccò il fiume di lava.

 

Miracoli simili i catanesi li ottennero anche nel 1239, nel 1381, nel 1408, nel 1444, nel 1536, nel 1567 e nel 1635.

 

L’eruzione più disastrosa avvenne nel 1669: una serie di bocche si aprirono lungo i fianchi del vulcano, che eruttò lava e lapilli per 68 giorni. La lava distrusse molti centri abitati, giunse sino in città e circondò il fossato del Castello Ursino. Quando il magma giunse ad una distanza di 300 metri dal duomo, miracolosamente scansò i luoghi in cui sant’Agata era stata imprigionata, aveva subito il martirio e dove poi era stata sepolta, per andare a scancarsi in mare e proseguire per più di 3 km. Fu chiara la volontà della Santa catanese di salvare i luoghi che appartenevano alla sua storia e al suo culto.

 

Nel 1693, invece, un violento terremoto fece tremare Catania, provocando 18mila morti. Nessuno dei 9 mila superstiti dopo la catastrofe voleva più ritornare in città. Catania sarebbe diventata una città fantasma se un delegato del Vescovo, in processione con le reliquie di Sant’Agata, non avesse supplicato il popolo di rimanere e ricostruire la città.

 

Ma la Santa pose benigna la sua mano sulla città anche a protezione dall’epidemia di peste. Nel 1576, ad esempio, quando la peste cominciò a diffondersi poco lontano da Catania, il Senato pensò di ricorrere all’intercessione della Patrona, portando in processione le reliquie lungo le vie della città e, una volta giunte accanto agli ospedali dove erano ricoverati gli appestati, essi guarirono e nessuno fu più contagiato.

 

I catanesi ottennero un altro segno di protezione nel 1743, quando una seconda ondata di peste stava per diffondersi da Messina anche a Catania. Anche stavolta, le reliquie furono portate in processione e la peste cessò. In ricordo di questo prodigio, venne eretta, nella zona del porto, una colonna sormontata da un’effigie di Sant’Agata che schiaccia la testa di un mostro, simbolo della peste.

 

Nel 1866 si verificò un’imponente eruzione lavica che minacciava nuovamente di arrivare in città. La situazione divenne drammatica per Nicolosi, tanto che i suoi abitanti invocarono il cardinale Dusmet di portare in processione il velo di Sant’Agata davanti alla lava. Così avvenne e la lava si arrestò. A ricordare l’avvenimento oggi, sopra la pineta di Nicolosi, al confine con la località Monti Rossi, vi è un cappella con la statua del cardinale Dusmet. 

 

Il 28 dicembre 1908, invece, fortunatamente una forte scossa sismica che sorprese Catania non si verificò, suscitando solo tanto spavento. Messina e Reggio Calabria, invece, subirono gravi danni, tanto che molti catanesi partirono per prestare soccorso ai conterranei. La popolazione catanese, ricordando il violento sisma del 1693, temette il ripetersi di quell’evento. Il Cardinale Arcivescovo Francica Nava condusse in processione il miracoloso velo agatino dalla Cattedrale alla chiesa di Sant’Agata al Borgo, percorrendo circa 3 km lungo l’attuale via Etnea. Le tanto temute scosse sismiche non si verificarono.